Comunicazione sociale e azione solidale. Le buone pratiche dell’informazione

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Uno degli assiomi alla base della comunicazione sociale è che questa, se ben fatta, dovrebbe avere ricadute dirette nel mondo reale.

La trattazione giornalistica incentrata sul sociale dovrebbe portare persone (e aziende) a svolgere azioni concrete, investendo parte dei capitali e risorse in loro possesso in gesti con valore sociale. La comunicazione sociale dovrebbe rendere le persone partecipi dei problemi e incitarle a diventare parte attiva delle possibili soluzioni.

Prendiamo in considerazione qualche esempio famoso, per dimostrarvi come e quanto questo genere di campagne sia proficuo per la comunità a cui è indirizzata e per avviarsi verso la risoluzione del problema.

Un valido esempio è quello della campagna “Every One” portata avanti da Save the Children dal 2009 al 2014. La campagna, declinata su più mezzi, ha avuto testimonial di spicco dal mondo dello sport e dello spettacolo. Grazie al dispiego massiccio di mezzi, la campagna nel 2013 è riuscita a coinvolgere oltre 600mila persone e 1,4 milioni di euro raccolti.

A livello internazionale, invece, possiamo ricordare la “Ice Bucket Challenge“, la campagna divenuta subito virale nella calda estate del 2014. Promossa dalla ALS Association (Amyotrophic lateral sclerosis), associazione statunitense che si occupa della SLA (sclerosi laterale amiotrofica), la campagna ha prodotto ben 115 milioni di dollari nella sola estate del 2014, riuscendo a coinvolgere in un atto pratico (gettarsi una secchiata d’acqua gelata) persone comuni, VIP e politici.

La verità, però, è che senza un’adeguata comunicazione e informazione a supporto nessuna di queste campagne avrebbe avuto la risonanza ed il successo che hanno riscosso. Ancora una volta, quindi, è nelle mani dei giovani giornalisti il compito di farsi educatori di comunità, informando eticamente e responsabilmente.

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