Facciamo chiarezza sulle Anomalie Vascolari: la parola agli esperti – parte IV

(dal “W Ale Notizie” n°28, del 23 giugno 2017)

Rubrica Scientifica a cura del Prof. Cosmoferruccio De Stefano

Relazioni del Convegno “Le Patologie Vascolari Congenite: dalla diagnosi alla gestione della Malattia Vascolare rara” (Roma, 10/10/2015)

Continuiamo la pubblicazione, già iniziata nei Notiziari n. 25, 26 e 27, di quanto presentato in occasione del Convegno, con la relazione “Problemi medici e sociali generati dalla difficoltà della diagnosi” del Prof. Cosmoferruccio De Stefano.

Dopo aver ascoltato gli oratori precedenti, abbiamo capito quanto è difficile orientarsi in questa patologia. Appena famiglie e pazienti si rendono conto del problema, devono, ovviamente, chiedere aiuto. Sorvolando, al momento, ma solo per un momento, sulle personali, affannose, ricerche, i naturali interlocutori sono i pediatri ed i medici di base, in funzione dell’età del paziente. Ora è chiaro che non possono avere una competenza super specialistica ma, una volta inquadrato il capitolo generale della patologia, espresso dal termine “vascolare”, avendo necessità di un aiuto da parte di esperti, i medici devono avviare il paziente al SSN. E qui iniziano le peripezie, considerando che la nostra Sanità, tra diretti e convenzionati, conta quasi 1500 centri di cui, sembra incredibile, oltre 500 sono dislocati al Sud.

Come fanno i medici di base a scegliere, se “qualcuno” non li informa di chi fa, che cosa, dove? Chi li informa sull’ubicazione dei centri specializzati nella cura della patologia? La triste realtà è espressa nell’immagine.

La risposta è, purtroppo, nessuno. L’onnipresente Internet dà delle indicazioni, ma nessuna è certificata, non sono messe in rete o patrocinate dallo Stato, che è invece in prima fila, presente e cogente in altri settori come, ad esempio, quello fiscale. Questa impossibilità ad ottenere indicazioni sicure, comporta problemi medici per gli utenti e problemi sociali di inefficienza che generano aumento della spesa sanitaria generale. L’articolo 32 della Costituzione tutela il diritto alla salute per tutti i cittadini e lo strumento utilizzato dallo Stato, per ottenere questo risultato, è il Sistema Sanitario Nazionale, istituito con la legge n. 833 del 1978, dopo il periodo di gestione della salute con il meccanismo delle Casse Mutue.

Nella tabella precedente sono riportati i principi fondamentali del SSN e va osservato, in particolare, quello evidenziato in giallo, che parla di portabilità. Portabilità significa che un cittadino può “spendere” il suo diritto alla salute in uno qualsiasi dei centri affiliati al sistema, di cui parlavamo in precedenza. Il che significa che, senza indicazioni ed una regolamentazione precisa, la portabilità si trasforma in disordine ed insoddisfazione.

 

È altrettanto chiaro, per  chiunque abbia un minimo di conoscenze in termini di organizzazione, che un simile disordine porta, inesorabilmente, a carenze di efficienza ed aumento inarrestabile della spesa.

 

 

Sentiamo parlare continuamente di “spending review”, orrendo termine anglosassone ma, purtroppo, si tratta non di oculata analisi, ma di miope chiusura di rubinetto, che

diminuisce l’erogato ai cittadini e non esamina le motivazioni che portano ad esborsi sempre in aumento. Per usare una terminologia medica, si fa una terapia sintomatica, senza andare ad incidere sulle reali cause del dissesto. Senza pretendere di indicare la formula perfetta, un iniziale rimedio potrebbe essere quello di individuare dei percorsi protetti, partendo da una anagrafe delle patologie e dei centri di trattamento specifici.

 

Fatto questo primo passo si potrebbe, dovrebbe, istituire una piramide della cura, con una larga base di diagnosi, che si riferisce ad un selezionato livello superiore di terapia che, a sua volta, indirizza i pazienti all’apice per i trattamenti più avanzati e complessi.

 

Riassumendo, si dovrebbero trasformare i movimenti dei pazienti, oggi incontrollati,

inefficienti e dispendiosi, in flussi ordinati, con il massimo del risultato terapeutico ed il massimo del risparmio gestionale, invece di chiudere il “rubinetto” dell’erogazione. Un’organizzazione di questo tipo, permetterebbe ai medici di esercitare correttamente la professione, perseguendo il giusto fine di curare i pazienti, senza essere condizionati da amministrazioni che, sempre più, impongono obiettivi economici aziendali in contrasto con la logica e lo spirito della Medicina con la M maiuscola. Si otterrebbe anche il risultato, per noi fondamentale, di riduzione dell’ansia e delle preoccupazioni di pazienti e famiglie, sballottati nel vortice o abbandonati nella palude dell’attuale sistema.

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