La cura della fragilità nel magistero di Papa Francesco – Paolo Ruffini

Paolo Ruffini, Prefetto dicastero per la Comunicazione della Santa Sede

“La cura della fragilità nel magistero di Papa Francesco”

È interessante parlare di fragilità in un tempo che predica invece la forza.

E riflettere su quel paradosso che è la forza della fragilità.

In un suo saggio di qualche anno fa, un teologo francese, Paul Valadier, ha tessuto un vero e proprio elogio della «vulnerabilità», come antitesi della indifferenza. Come capacità di accettare le ferite, quelle del corpo e quelle dell’anima; e di farsi carico della vulnerabilità dell’altro. Di saperla vedere, raccontare anche, e curare.

Può sembrare assurdo, ma per chi crede la fragilità è anche una delle caratteristiche di Dio; onnipotente; eppure vulnerabile nel suo essere coinvolto dalle vicende dell’uomo.

Vulnerabile proprio perché amore. Proprio perché non indifferente.

Coinvolto a tal punto, da farsi egli stesso uomo, fragilmente umano, proprio per amore dell’uomo.

La cura della fragilità nel magistero di Papa Francesco, che è poi il titolo di questo mio intervento, trova esattamente qui la sua radice.

Ed oggi che il Papa ci appare egli stesso più fragile, e vulnerabile, si manifesta in una testimonianza fortissima.

La fragilità e la sua cura fanno parte della nostra essenza.

Il Papa scrive il suo magistero con i gesti prima ancora che con le parole.

Ed ecco: il primo gesto è non nascondere la propria di fragilità.

Le sue stesse parole seguono i gesti. Per questo comunicano.

Per la loro verità.

Per questo sono credibili.

Perché sono state prima testimoniate e poi dette.

E a volte anche taciute. In preghiere mute e sofferenti.

La preghiera di chi crede.

Spes contra spem.

Fondata sulla sofferenza, la passione di Dio stesso. Preludio della resurrezione. E allo stesso tempo pianta saldamente nel mondo.

La speranza richiede anche un impegno concreto.

La fragilità esige la cura.

Al di là della ricerca scientifica che fa passi da gigante, che va supportata, finanziata, orientata al bene comune, la fragilità è comunque un mistero. E ancora più misteriosa, ingiusta, ci appare la fragilità dei più piccoli, degli innocenti. Il dolore dei bambini per esempio.

“Io non ho una risposta – ha detto una volta il Papa, era il 15 dicembre 2016 – sul perché i bambini muoiono.

Nemmeno Gesù ha dato una risposta a parole.

Di fronte ad alcuni casi, capitati allora, di innocenti che avevano sofferto in circostanze tragiche, Gesù non fece una predica, un discorso teorico.

Si può certamente fare, ma Lui non lo ha fatto.

Vivendo in mezzo a noi, Gesù non ci ha spiegato perché si soffre. Ci ha mostrato la via per dare senso anche a questa esperienza umana:

non ha spiegato perché si soffre, ma sopportando con amore la sofferenza ci ha mostrato per chi si offre. Non perché, ma per chi”.

Cfr discorso agli infermieri, 15 dicembre 2016

Ecco.

In questa unione fra il gesto e la parola c’è secondo me il cuore del magistero del Papa sulla fragilità. Che si fonda sull’accompagnamento.

Per questo, in tutto quello che dice, in tutto quello che fa, Francesco cerca di essere strumento della tenerezza di Dio. E di offrire così una visione profetica della fragilità

Una visione che comprende purtroppo anche la malattia, e il dolore.

Un approccio che richiede la cura, non l’accanimento. Dovela fragilità dell’uomo si specchia nella fragilità di Dio…

“Tante volte – ha detto il Papa – io penso alla Madonna, a quando le hanno dato il corpo morto di suo Figlio, tutto ferito, sputato, insanguinato, sporco. E cosa ha fatto la Madonna? Lo ha abbracciato, lo ha accarezzato. Anche la Madonna non capiva. Perché lei, in quel momento, ha ricordato quello che l’Angelo le aveva detto: “Egli sarà Re, sarà grande, sarà profeta…”; e dentro di sé, sicuramente, con quel corpo così ferito tra le braccia, con tanta sofferenza prima di morire, dentro di sé sicuramente avrebbe avuto voglia di dire all’Angelo: “Bugiardo! Io sono stata ingannata”. Anche lei non aveva risposte.

Noi possiamo chiedere al Signore: “Ma Signore, perché? Perché i bambini soffrono? Perché questo bambino?”. Il Signore non ci dirà parole, ma sentiremo il Suo sguardo su di noi e questo ci darà forza.

Non abbiate paura di chiedere, anche di sfidare il Signore. “Perché?”. Forse non arriverà alcuna spiegazione, ma il Suo sguardo di Padre ti darà la forza per andare avanti. Non abbiate paura di chiedere a Dio: “Perché?”, sfidarlo: “Perché?” Sempre siate con il cuore aperto a ricevere il Suo sguardo di Padre. L’unica spiegazione che potrà darti sarà: “Anche mio Figlio ha sofferto”.

Ma quella è la spiegazione.

 E’ la cosa più importante. E’ lo sguardo. La vostra forza è lì: lo sguardo amoroso del Padre”.

29 maggio 2015, incontrando alcuni genitori a casa Santa Marta

Queste parole, e i gesti che le hanno accompagnate, raccontano il magistero della Chiesa, e del Papa, sulla fragilità. Il mistero della forza della fragilità. Dell’amore che vince la morte. E richiede anche gesti concreti, politiche concrete, impegni concreti.

Anche su questo il magistero del Papa e della Chiesa è netto.

Reclama il diritto alla cura.

“Il segreto della vita – spiega Papa Francesco – ci è svelato da come l’ha trattata il Figlio di Dio che si è fatto uomo fino ad assumere, sulla croce, il rifiuto, la debolezza, la povertà e il dolore (cfr Gv 13,1). In ogni bambino malato, in ogni anziano debole, in ogni migrante disperato, in ogni vita fragile e minacciata, Cristo ci sta cercando (cfr Mt 25,34-46), sta cercando il nostro cuore, per dischiuderci la gioia dell’amore”.

Cfr. commento al comandamento “Non uccidere” nella udienza generale del 10 ottobre 2018 https://www.vatican.va/content/francesco/it/audiences/2018/documents/papa-francesco_20181010_udienza-generale.html

Per questo vale la pena curare la vita, ogni vita?

“Perché ogni uomo vale il sangue di Cristo stesso (cfr 1 Pt 1,18-19). Non si può disprezzare ciò che Dio ha tanto amato!”.

Un legame profondo lega dunque il discorso sulla fragilità a quello sull’amore. E quello sull’amore a quello sulla giustizia. Il diritto ad essere curati con il dovere di garantire l’accesso alle terapie essenziali o necessarie. Soprattutto nei Pasi più poveri, dove si muore per niente; o nel caso di malattie rare, po dei cosiddetti farmaci orfani; perché ogni vita vale. Il suo valore è infinito.

“La vita – ci ricorda il Papa – è aggredita dalle guerre, dalle organizzazioni che sfruttano l’uomo, dalle speculazioni sul creato e dalla cultura dello scarto, e da tutti i sistemi che sottomettono l’esistenza umana a calcoli di opportunità, mentre un numero scandaloso di persone vive in uno stato indegno dell’uomo. Questo è disprezzare la vita, cioè, in qualche modo, uccidere”.

Cfr. commento al comandamento “Non uccidere” nella udienza generale del 10 ottobre 2018

“Un bimbo malato è come ogni bisognoso della terra, come un anziano che necessita di assistenza, come tanti poveri che stentano a tirare avanti: colui, colei che si presenta come un problema, in realtà è un dono di Dio che può tirarmi fuori dall’egocentrismo e farmi crescere nell’amore. La vita vulnerabile ci indica la via di uscita, la via per salvarci da un’esistenza ripiegata su sé stessa e scoprire la gioia dell’amore”.

Cfr. commento al comandamento “Non uccidere” nella udienza generale del 10 ottobre 2018

La cura è la via. La cura amorevole, senza la quale la cura medica è claudicante. La cura integrale, la cura giusta, che riguarda la scienza, la medicina, ma che va intessuta di amore; e che coinvolge dunque anche il modo in cui concepiamo le nostre relazioni, l’economia, il lavoro, la pace.

È l’amore che tutto lega perché …

“nelle dinamiche esistenziali tutto è in relazione, e occorre nutrire sensibilità personale e sociale sia verso l’accoglienza di una nuova vita sia verso quelle situazioni di povertà e di sfruttamento che colpiscono le persone più deboli e svantaggiate.

Se da una parte «non appare praticabile un cammino educativo per l’accoglienza degli esseri deboli che ci circondano […] quando non si dà protezione a un embrione umano» (Lett. enc. Laudato si’,120), dall’altra parte la vita umana stessa è un dono che deve essere protetto da diverse forme di degrado (Ibidem 5). Infatti, dobbiamo constatare con dolore che sono tante le persone provate da condizioni di vita disagiate, che richiedono la nostra attenzione e il nostro impegno solidale”.

Cfr discorso ai partecipanti al Convegno dei Centri di Aiuto alla Vita -6 novembre 2015 –www.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2015/november/documents/papa-francesco_20151106_centri-aiuto-alla-vita.html

E quanto alla salute, come disse il Cardinale Martini

“Non si può pensare alla sanità come azienda, alla salute come prodotto, al paziente come cliente … ciò significa recuperare e rilanciare la soggettività della società, incoraggiando e sostenendo la responsabilità delle persone, singole o aggregate, affinché la società civile abbia a esprimersi come forza autonoma rispetto sia allo Stato sia al mercato”.

Cfr discorso su “L’etica dello stato sociale”, tenuto alla Sapienza di Roma il 24 novembre 1999

L’amore è, nella cura intesa così, la chiave del mistero della vita. L’unico antidoto alla morte e alla ingiustizia. L’unico rimedio al dolore laddove la cura non può curarlo. L’unica strada alla felicità che reclamiamo nutrendola troppo spesso di egoismi e di rancori.

Ci sarebbe a questo punto, concludendo, da domandarsi ancora. E la morte? La morte che abbiamo cacciato dai nostri orizzonti? La morte fa parte della vita.

È della vita il passaggio forse più difficile. Che proprio per questo ha bisogno di essere accompagnato e non rimosso. In qualsiasi momento delle nostre vite essa accada.

Questo accompagnamento – che richiede sapere medico, discernimento sulle cure mediche proposte e condivisione spirituale – non riguarda solo chi è fragile, ma anche chi gli sta vicino. Chi amando l’altro, il figlio, il padre, la madre, l’amato, l’amata, l’amico, l’amica, non riesce a comprendere il perché di questa sofferenza.

Di chi vede nel paziente un altro sé stesso. Di chi pensa pensa il concetto di salute in un’ottica integrale, che abbraccia tutte le dimensioni della persona.

“In una società che rischia di vedere i malati come un peso, un costo – dice papa Francesco – occorre rimettere al centro ciò che non ha prezzo, non si compra e non si vende, cioè la dignità della persona. Le patologie possono segnare il corpo, confondere i pensieri, togliere le forze, ma non potranno mai annullare il valore della vita umana”. Il diritto alla salute è un diritto fondamentale. Sempre. Non può ridursi a un si salvi chi può. E allora “occorre lavorare perché tutti abbiano accesso alle cure, perché il sistema sanitario sia sostenuto e promosso… Tagliare le risorse per la sanità è un oltraggio all’umanità”.