La fragilità come opportunità: nuove risorse messe in campo dalle televisioni durante la pandemia e la guerra – Vincenzo Morgante

Vincenzo Morgante, direttore TV2000
“La fragilità come opportunità: nuove risorse messe in campo dalle televisioni durante la pandemia e la guerra”

IMPATTO DELLE CRISI

“La premessa che vorrei proporre, alle brevi note che sottopongo oggi alla vostra cortese attenzione, è che le situazioni di crisi spaventano e feriscono soprattutto i più fragili, i più deboli, i più vulnerabili. È vero che l’ombra minacciosa causata dal peggioramento delle condizioni e delle aspettative incombe sull’intera comunità chiamata in causa da un veloce mutamento negativo, ma è altrettanto vero che turbamento e smarrimento si impadroniscono in primis di quanti sono consapevoli di avere scarse risorse per fronteggiare ulteriori difficoltà.  

Soggetti non abbienti oppure non in piena salute oppure le cui condizioni lavorative, logistiche, relazionali e psicologiche non sono ottimali vengono sottoposti – quando si prospetta o si manifesta una crisi – a un sostanziale incremento di tensione la cui risultante può essere uno stato di grave disagio sia fisico che morale.

LINEA DELLE EMITTENTI CEI

Faccio questa premessa perché uno dei capisaldi della linea editoriale delle due emittenti di cui mi occupo da alcuni anni (Tv2000 e inBlu2000) è proprio l’attenzione alle fasce più bisognose, più delicate, più sensibili. E qui mi riferisco ai bisogni in modo generale e cioè non solo in termini economici, ma anche in termini di “sensibilità sociale” se mi passate questa espressione. Con “sensibilità sociale” intendo una forte suscettibilità di alcune fasce della popolazione rispetto a cambiamenti, pressioni e criticità, poiché si tratta di persone, di famiglie, di comunità, che vivono sulla soglia ossia in uno stato di equilibrio abbastanza precario e, quindi, soggetto a vacillare e magari a divenire instabile quando sottoposto a mutamenti importanti o a veri e propri sconvolgimenti.

Tutto questo per dire che il nostro punto di osservazione, dalla cabina di regia delle emittenti radiotelevisive della CEI è già di per sé particolarmente attento ai temi della sofferenza, della fragilità e dell’emergenza. Questi argomenti sono la sostanza stessa del nostro lavoro nel campo della comunicazione, sia perché sono temi basilari rispetto alla nostra “missione” sia perché il nostro pubblico è coinvolto in prima persona da tematiche di questa portata. Naturalmente, il coinvolgimento può essere anche parzialmente indiretto, come nel caso di chi si occupi di assistenza, di volontariato, di supporto, di aiuto e di sostegno.

PANDEMIA E CONSEGUENZE SULLA COMUNICAZIONE

Il Covid19 ha precipitato tutti noi che operiamo nella sfera della comunicazione in una condizione che potremmo, a buon titolo, definire di disabilità professionale. Infatti, abbiamo vissuto una sorta di menomazione, di disallineamento tra ciò che ciascuno di noi – come singolo giornalista e come azienda di informazione – avrebbe voluto fare e ciò che è riuscito effettivamente a fare con i mezzi consentiti e con le possibilità limitate da una situazione che non devo ricordare poiché certamente nessuno di noi l’ha dimenticata.

Questo disequilibrio, questo sfasamento ha avuto luogo non solo durante il lockdown più rigido (quello scattato a marzo 2020), ma anche dopo. E – per certi aspetti – ancora oggi presenta dei trascinamenti e delle conseguenze di lungo periodo. Siamo stati (e siamo ancora per alcuni versi) incapacitati, inabili, limitati.

In qualche modo, siamo stati costretti a metterci nei panni dell’altro, e – visto che parliamo del nostro mestiere di comunicatori – l’altro (nel nostro specifico caso) è stato affrontare il lavoro quotidiano in una cornice sorprendentemente diversa ossia con meno strumenti, meno risorse e meno possibilità rispetto a come ci eravamo ormai abituati durante gli anni della cosiddetta “normalità”.

Se penso alla esperienza di Tv2000 e inBlu2000, le due emittenti della Cei (una televisiva e l’altra radiofonica), la nostra “disabilità professionale” è stata determinata soprattutto dalla impossibilità di incontrare fisicamente le persone, di viaggiare in lungo e in largo, di andare materialmente sui luoghi delle notizie, e di avere ospiti e pubblico nei nostri studi. Tutto ciò ha avuto – a mio parere – un impatto davvero significativo sul nostro modo di raccontare la realtà, di organizzare il lavoro, di rapportarci con il pubblico da casa. 

NECESSITA’ DI ADATTAMENTO ALLA NUOVA SITUAZIONE

Così, davanti allo stravolgimento delle abitudini, abbiamo fatto di necessità virtù: abbiamo spostato il baricentro della nostra organizzazione del lavoro quotidiano, cambiando anche approccio ai temi, ai fatti e alle persone.

Prima che intervenissero le limitazioni sul distanziamento sociale, ospiti e pubblico presenti in studio consentivano, ad esempio, al conduttore, di sviluppare un fitto reticolo di confronti e scambi – magari anche solo empatici, cioè fatti di sguardi ed espressioni rivelatrici del viso – con il risultato (costruttivo) di spunti e occasioni per le successive domande e interlocuzioni.

I collegamenti in videoconferenza ovviamente hanno limitato questo vasto patrimonio di modulazione del rapporto fra conduttore, pubblico e ospiti. Il conduttore, spesso da solo in studio, ha dovuto adattare alla situazione contingente il proprio linguaggio e finanche la propria postura: parlare guardando negli occhi la persona che ti è seduta davanti in carne e ossa è cosa diversa dall’intervistarla mentre sei in piedi in uno studio vuoto e quella persona se ne sta seduta nel salotto della propria abitazione dinanzi a un computer.

Telegiornale, giornale radio e programmi di approfondimento, non potendo inviare i giornalisti sui posti dove accadevano le notizie, hanno messo in campo coraggio informativo, creatività e idee innovative, tra l’altro nel contesto di una narrazione complessa come necessariamente è quella riguardante una pandemia. Con accenti e sfumature diverse, una situazione analoga è quella determinata dalla guerra. Ma è chiaro che se una è una guerra al virus e l’altra è una guerra combattuta fra uomini, siamo comunque sempre dinanzi a fattori di tensione, pericoli e rischi molto accentuati. Comunque, sulla guerra militare tornerò fra un attimo.

ESEMPI DI PROPOSTE INNOVATIVE DIRETTE AL PUBBLICO

Noi di Tv2000 possiamo affermare, a proposito delle iniziative messe in campo per cambiare l’offerta informativa e adattarla alla nuova situazione pandemica, di essere riusciti a dar vita a molti nuovi appuntamenti.

Cominciamo da Tempo Sospeso, il titolo prescelto per identificare gli editoriali quotidiani realizzati per il nostro telegiornale da una firma autorevole e prestigiosa come quella di Ferruccio De Bortoli: in collegamento da casa sua, questo attento ed equilibrato maestro del giornalismo contemporaneo ha consegnato al nostro pubblico una serie di approfondimenti della durata ciascuno di circa tre minuti. Questi commenti, questi appunti sulla pandemia, ci hanno consentito di fornire ogni giorno ai nostri telespettatori un punto di vista preciso, misurato e pacato sui fatti del giorno.

Vorrei citare ancora la rubrica del Tg2000 Giovani costruttori, in onda nell’aprile 2021: abbiamo chiesto agli studenti di cinque importanti università italiane di proporre e sviluppare idee concrete per la ripresa del nostro Paese indebolito socio-economicamente dalla pandemia. L’idea è nata ascoltando le parole del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, quando nel discorso di fine 2020 ha detto: “Questo è tempo di costruttori”. Abbiamo messo a disposizione dei ragazzi una finestra del nostro telegiornale affinché vestissero i panni dei progettisti e, appunto, dei costruttori.

I giovani sono il nostro futuro, ma anche il nostro presente: perciò abbiamo voluto dare loro voce, con una occasione concreta per farsi sentire, e ci siamo messi in ascolto. Molti giovani oggi sono davvero competenti e preparati, con esperienze anche all’estero. Molti sono in grado di vedere le cose con sguardo nuovo e con la consapevolezza che il futuro dipende anche da loro.

Ecco, questo riguardo e questa attenzione ai giovani è un altro esempio di come gli ultimi accadimenti mondiali abbiano fatto cambiare il nostro lavoro. La chiave è in fondo piuttosto semplice: mettersi sempre di più in ascolto degli altri, come auspicato anche dal presidente della Cei, cardinale Matteo Zuppi, pochi giorni fa, proprio durante la presentazione dei nuovi palinsesti di Tv2000 e inBlu2000. 

È un momento – ha spiegato il cardinale Zuppi – di grande trasformazione del mondo, delle persone e della Chiesa. Parlo di una Chiesa – ha detto Zuppi – che ascolta e che si rimette a camminare insieme ai tanti compagni di strada ai quali, qualche volta, ha parlato prima di ascoltarli. Talvolta, la Chiesa ha preteso di spiegare ai propri interlocutori chi loro fossero, prima di capire chi essi realmente fossero. A questi soggetti dobbiamo parlare di più e toccare di più i loro cuori – ha sottolineato il cardinale Zuppi – cercando di comprendere tante situazioni diverse, le sofferenze, i disagi e le tante domande in attesa di risposte”.



Bene, a proposito del saper ascoltare (soprattutto i giovani) con l’obbiettivo di poter raccontare meglio la realtà, posso citare un altro esperimento del nostro telegiornale: la rubrica Giovani lettori. Abbiamo chiesto ad alcuni ragazzi, studenti e laureati, di raccontare in un video il loro libro della vita, ossia il libro che ha rivestito un ruolo importante per la loro formazione o comunque il testo che è rimasto impresso nella loro memoria. Anche qui abbiamo valorizzato le idee di ragazze e ragazzi che probabilmente sarebbero rimaste inespresse.

RELAZIONE VIRTUOSA FRA COMUNICATORI E PUBBLICO

La pandemia – cito un fatto che è sotto gli occhi di tutti – ha allargato ulteriormente il divario fra le persone più fragili e le loro esistenze quotidiane, facendo emergere e accrescere enormi criticità, dall’accesso ai diritti elementari a quello riguardante il sostegno e l’assistenza fino alla semplice partecipazione alla vita sociale.

Noi comunicatori abbiamo un compito decisivo per arginare la deriva dell’esclusione attraverso la costruzione di processi di informazione dedicati.

Possiamo fare tanto perché abbiamo un privilegio che altri professionisti non hanno: quello di entrare in relazione quasi confidenziale con gli utenti cioè con i nostri telespettatori e con quanti ci seguono sulle altre piattaforme comunicative. Si tratta di una relazione speciale ed essa ha anche la caratteristica di consolidarsi quando ci si fida reciprocamente. La relazione si rafforza e si radica quando noi diventiamo credibili e acquistiamo autorevolezza perché siamo coerenti rispetto a ciò che comunichiamo e non “diamo fregature” al telespettatore.

Proprio quest’anno abbiamo deciso di cambiare il claim della nostra televisione. Così, abbiamo scelto lo slogan “Autentici per vocazione”.

Questa è da sempre la nostra sostanza ed è ciò su cui continueremo a costruire, mentre siamo impegnati a innovare e rinnovarci. Chi opera nel mondo della comunicazione ha il vantaggio di lavorare in una dimensione straordinaria, ma ha anche una grande responsabilità. Comunicare al pubblico è un servizio fatto di importanza sociale, bellezza e soddisfazione, ma solo se è svolto con responsabilità poiché – quando questa viene meno – l’informazione diventa manipolazione, inganno e autoreferenzialità. Siamo e saremo autentici in quanto responsabili: questa è la nostra vocazione.

GUERRA E OPPORTUNITA’ DI COMUNICAZIONE

Spostiamo ora il focus su un altro settore della comunicazione che ha recentemente mostrato enormi novità e capacità di adattamento. Come sapete, infatti, la dimensione comunicativa digitale ha rivelato al mondo che l’Ucraina resisteva e che lo faceva con convinzione e assoluta determinazione. Ci si aspettava una guerra-lampo con la resa quasi immediata degli aggrediti (fragili e vulnerabili) dinanzi allo spiegamento di forze del colosso russo. Invece, c’è stata la grande sorpresa, da parte dell’Ucraina, di una fierezza e di una volontà ferrea di opporsi al corso del destino. Tutti noi abbiamo saputo di questa non scontata resistenza perché il presidente Volodymyr Zelensky (con il supporto di altri suoi collaboratori) ha comunicato al mondo tramite le tv e tramite i social in modo continuativo, puntuale e inesausto. L’impressionante raffica di messaggi degli ucraini ha, sin dall’inizio, determinato un vero e proprio vantaggio comunicazionale. E questo vantaggio è stata la seconda grande sorpresa che ha accompagnato la prima sorpresa cioè quella della resistenza. Mentre da parte degli aggrediti si palesava una informazione dettagliata, regolare e molto efficace, gli aggressori restavano in un cono d’ombra inquietante e imperscrutabile. In estrema sintesi, possiamo dire che gli ucraini – fragili ed altamente esposti alla furia della macchina militare di Mosca – (dal punto di vista degli armamenti), sono stati invece prontissimi e abilissimi a cogliere tutte le opportunità offerte dai social e dal web, al fine di diffondere informazione e di favorire il consenso alla loro causa e alla loro posizione.

LA FORZA DELLE IMMAGINI

Pensiamo alla innegabile inferiorità dei combattenti ucraini asserragliati nella acciaieria Azovstal e pensiamo, però, a cosa è riuscito a determinare – in termini psicologici e comunicativi – un soldato-fotografo il quale – non potendo fare altro – ha documentato scatto dopo scatto i tre mesi nell’inferno dei sotterranei dell’acciaieria. Ebbene, prima di arrendersi, obbedendo all’ordine ricevuto dal proprio comando, quel soldato-fotografo ha messo tutte le sue immagini in rete raccomandando agli utenti di inviarle ai concorsi fotografici, sperando di vincere e di avere la massima esposizione per la sua documentazione. Ovviamente, un premio speciale lo ha avuto: è il The Polish Grand Press Photo 2022 attribuito in Polonia alle migliori opere fotografiche dell’anno. Tuttavia, il vero premio è stato l’effetto ottenuto dalla massima circolazione dei suoi scatti in tutto il mondo.

Qualcuno ha parlato di una nuova Resistenza imperniata sulle tecnologie che consentono una informazione tempestiva, a volte immediata.

Dietro all’account twitter di Zelensky sicuramente c’è un team di comunicazione digitale molto preparato e soprattutto instancabile e appassionato.

Ma davanti all’account del presidente ucraino sicuramente c’è una moltitudine di persone, un mondo, che vuole sapere, che vuole essere informato (al netto della propaganda, che inevitabilmente c’è e sempre ci sarà).

L’intreccio tra comunicazione e strategie di guerra è in un groviglio sempre più intricato e stringente. I conflitti si combattono sul campo ma soprattutto con le immagini capaci di influenzare l’opinione pubblica di tutto il mondo.

CONSIDERAZIONI FINALI

In conclusione, possiamo osservare come le fragilità, evidenziate in particolare dalla pandemia e dal conflitto in Ucraina, siano diventate un’opportunità per la televisione e per gli altri mezzi di comunicazione di tornare a essere servizio pubblico in una vasta articolazione di modalità. Un mezzo di servizio potente e credibile che entra ogni giorno nelle case di milioni di persone. Una responsabilità che deve continuare ad essere prioritaria nelle nostre scelte su come fare la televisione del futuro”.