LA COMUNICAZIONE DELLA DIAGNOSI, ASPETTI PSICOLOGICI

 DAL “W ALE NOTIZIE” N°42, DEL 22 DICEMBRE 2020

Rubrica Scientifica a cura del Prof. Cosmoferruccio De Stefano

COMUNICAZIONE DI DIAGNOSI: La comunicazione nella sua prima definizione è l’insieme dei fenomeni che comportano la distribuzione di Informazione (Wikipedia).

Comunicare la diagnosi è un vero e proprio atto medico ed è un argomento cui la Fondazione ViVa Ale riserva particolare attenzione.

Alessandra, cui la Fondazione è intitolata, affetta sin dalla nascita da una rarissima malformazione vascolare, nonostante la malattia che l’ha condotta alla morte a soli ventotto anni, è riuscita a sorridere, studiare, diventare giornalista ed autrice televisiva, in una parola a vivere.

È bello pensare che uno dei pilastri che l’hanno sorretta è stata la sua capacità, prima da bambina e successivamente, da adolescente e da adulta, di confrontarsi in un dialogo continuo con i curanti che parlavano con lei riconoscendo la sua intelligenza e la sua capacità di comprendere e quindi di affrontare. Possiamo parlare di Lei come “modello di educazione”, riguardo alla relazione “Medico–Paziente”.

IL CODICE DI DEONTOLOGIA MEDICA

L’Art. 33 ci indica quanto segue: INFORMAZIONE E COMUNICAZIONE CON LA PERSONA ASSISTITA.

Il medico garantisce alla persona assistita o al suo rappresentante legale un’informazione comprensibile ed esaustiva sulla prevenzione, sul percorso diagnostico, sulla diagnosi, sulla prognosi, sulla terapia e sulle eventuali alternative diagnostico-terapeutiche, sui prevedibili rischi e complicanze, nonché sui comportamenti che il paziente dovrà osservare nel processo di cura.

Il medico adegua la comunicazione alla capacità di comprensione della persona assistita o del suo rappresentante legale, corrispondendo a ogni richiesta di chiarimento, tenendo conto della sensibilità e reattività emotiva dei medesimi, in particolare in caso di prognosi gravi o infauste, senza escludere elementi di speranza.

Esistono quattro modelli di relazione Medico-Paziente:

  • il Modello PATERNALISTICO
  • il Modello LIBERTARIO
  • il Modello DI FIDUCIA
  • il Modello DI ADATTAMENTO

 L’INFORMAZIONE

Oggi cambia la modalità di informare e al centro dell’attenzione non c’è più solo la malattia ma la persona con i propri bisogni, risorse, aspettative. Il Diritto di conoscere cosa gli stia accadendo e decidere cosa fare. Informare la famiglia e il paziente significa: diminuire i livelli di distress, favorirne la consapevolezza e l’adattamento, aiutare a pianificare il futuro, migliorare la relazione Medico–Paziente (compliance), consentire al paziente di gestire i suoi sintomi e favorire il DECISION MAKING (processo decisionale).

Gli ELEMENTI DELL’INFORMAZIONE per una buona comunicazione della diagnosi sono:

  • conoscere la storia del paziente
  • dare e ricevere fiducia
  • verificare la volontà del paziente e della famiglia di essere informati

I CONTENUTI DELL’INFORMAZIONE sono:

  • LA DIAGNOSI
  • LA PROGNOSI
  • I TRATTAMENTI
  • LA REMISSIONE
  • IL FOLLOW-UP

In una relazione interpersonale gli elementi della comunicazione sono:

COGNITIVI-EMOTIVI e contengono l’INFORMAZIONE in un determinato “CONTESTO”.

I MEZZI DELLA COMUNICAZIONE: VERBALE / NON VERBALE

I PRESUPPOSTI DELLA COMUNICAZIONE: EMITTENTE / RICEVENTE

CODICE (insieme di regole impiegate per estrarre il significato del msg)

CANALE (modalità emissione del msg: vocale-non vocale)

MESSAGGIO

LA COMUNICAZIONE NON VERBALE

La comunicazione non verbale utilizzata simultaneamente a quella verbale trasmette importanti informazioni che è necessario sapere interpretare per poter stabilire e mantenere le relazioni con gli altri. Il linguaggio non verbale è meno soggetto al Controllo Volontario di quello verbale ed è connesso al Mondo Emotivo.

Le caratteristiche della comunicazione non verbale sono i Fenomeni paralinguistici, i Suoni non verbali, le Espressioni del volto, i Movimenti del corpo nello spazio, la Postura, la Distanza rispetto agli altri. Nessun atteggiamento o movimento del corpo ha un preciso significato in sé. Il linguaggio del corpo e il linguaggio verbale sono interdipendenti.

Quali sono le funzioni della comunicazione non verbale:

  • Sostenere o disconfermare il linguaggio verbale
  • Sostituire il linguaggio verbale
  • Esprimere emozioni
  • Esprimere atteggiamenti interpersonali
  • Trasmettere informazioni sulla persona

I CANALI principali della comunicazione non verbale sono:

  • L’espressione del volto
  • I gesti
  • Il timbro della voce e gli aspetti non verbali

LE ESPRESSIONI DEL VOLTO

Le espressioni e la mimica facciale sottolineano ed enfatizzano ciò che si dice. Gli Indicatori facciali (i movimenti della fronte e delle sopracciglia, lo sguardo e il contatto oculare, gli angoli e l’apertura della bocca) comunicano anche su:

  • lo stato d’animo;
  • il coinvolgimento nella conversazione (interesse, attenzione e comprensione) l’atteggiamento nei confronti dell’interlocutore e in generale del mondo esterno.

I GESTI possono essere: Simbolici (es. salutare), Illustratori (es. indicare il ritmo), Regolatori (es. intervenire), Espressivi (es. coprirsi il volto, stringere i pugni), Adattivi (es. mangiare unghie, attorcigliarsi i capelli, toccarsi il viso).

Il MODO DI ESPRIMERSI, di parlare, il timbro, la velocità dell’eloquio, i rumori emozionali comunicano lo stato emotivo di chi sta parlando e per quanto si cerchi di usare diversi timbri di voce in relazione alle circostanze, il loro controllo è molto difficile e il canale vocale è quello che meglio rivela gli stati emotivi e gli atteggiamenti.

IL COMPORTAMENTO NELLO SPAZIO

È il modo di porsi fisicamente nei confronti dell’interlocutore e riguarda il contatto corporeo, la distanza, l’orientamento e la postura. È strettamente legato a fattori socio-culturali e può dipendere anche dalla struttura dell’ambiente.

CONTATTO e AUTOCONTATTO: la stretta di mano, l’accavallare le gambe o l’incrociare le braccia, comunicano l’atteggiamento nei confronti dell’Interlocutore.

DISTANZA: è lo spazio che separa due persone, in funzione di essa le sensazioni cambiano notevolmente. Una vicinanza troppo stretta non richiesta mette a disagio l’interlocutore che si sente invaso, pressato o aggredito.

L’ORIENTAMENTO: la posizione secondo cui le persone si situano l’una rispetto all’altra, comunica l’atteggiamento e il tipo di relazione tra gli interlocutori (faccia a faccia/ fianco a fianco).

– La POSTURA: aprire, mantenere o chiudere la comunicazione indica i diversi modi di stare seduti o distesi. Determinata da regole sociali varia in funzione dello stato emotivo e può facilitare oppure ostacolare la comunicazione (ostilità, superiorità, inferiorità) ad es: inclinazione in avanti, gambe accavallate, o braccia aperte.

Nella comunicazione in genere, “CHI COMUNICA” mette in atto una serie di “meccanismi di difesa” che riguardano il proprio percorso di vita, e quindi fattori socio-culturali e ambientali. Perciò per quanto riguarda la comunicazione della diagnosi le BARRIERE DEL PAZIENTE ALLA COMUNICAZIONE nella relazione con il medico sono rappresentate da:

  • lo stato psico-fisico
  • l’impossibilità di comunicare
  • la paura di porre domande
  • la disconferma delle aspettative
  • l’interesse rivolto ai problemi organici
  • la conferma di “paziente modello”

Le BARRIERE DELL’OPERATORE ALLA COMUNICAZIONE sono rappresentate da:

  • la sottovalutazione dell’importanza che assume la comunicazione della diagnosi
  • i tempi e spazi inadeguati
  • le difese psichiche del proprio vissuto
  • l’assenza di training
  • la compromissione stato psico-fisico paziente

Le INDICAZIONI per una BUONA COMUNICAZIONE nell’operatore sono:

  • Accogliere in luogo tranquillo e protetto
  • L’ascolto
  • Utilizzare linguaggio non specialistico
  • Accertarsi di quanto il paziente già conosce
  • Rispettare i meccanismi di difesa del paziente
  • Utilizzare con attenzione i dati statistici
  • Fare delle pause per favorire l’espressione delle emozioni
  • Non avere fretta
  • Dare le informazioni in maniera graduale
  • Lasciare il tempo alle domande
  • Cercare di essere congruenti fra ciò che si dice e il linguaggio non verbale
  • Accertarsi della comprensione del paziente attraverso feedback verbali e non

I PRESUPPOSTI DELL’ ABILITÀ COMUNICATIVA

I requisiti dell’abilità comunicativa sono:

  • L’Ascolto
  • Congruenza tra il proprio vissuto e la comunicazione
  • Sollecitazione e stimolazione della comunicazione
  • Feedback verbali e non
  • L’Evitamento di formalismo/informalità,
  • La Rigidità/non controllo
  • L’Espressione di empatia,
  • La Partecipazione,
  • La Distanza ottimale
  • L’Equilibrio
  • Il Rispetto

L’ASCOLTO

L’Accoglienza è determinante per poter creare un clima di fiducia e per instaurare una relazione di aiuto efficace. Ascoltare in modo attivo significa: comunicare considerazione, comprensione e accettazione. Ascoltare è un’abilità che può essere migliorata.

L’ASCOLTO ATTIVO

La tecnica dell’ascolto attivo comporta una serie di passaggi all’interno dell’interazione comunicativa:

  • ASCOLTO PASSIVO in silenzio
  • MESSAGGI VERBALI E NON (comunicano che si sta ascoltando)
  • ASCOLTO ATTIVO riflette il contenuto del messaggio dell’altro restituendolo con parole diverse. Ciò permette di verificare se il messaggio è stato compreso correttamente.

L’UTILIZZO DEL FEEDBACK

È caratteristica della comunicazione a due vie (il ricevente può intervenire).

Fa riferimento a tutte le informazioni che vengono rimandate dal ricevente, come reazione al trasmittente. Consente a chi parla di rendersi conto se chi ascolta sta capendo ciò che viene detto, e a chi ascolta di chiedere specificazioni e di esprimersi in merito ai contenuti.

Può essere trasmesso in modo esplicito (risposte verbali, richieste di chiarimenti) o in modo implicito e non verbale (aggrottare le ciglia con aria interrogativa)

L’emittente deve favorire il feedback esplicito lasciando al ricevente l’opportunità e lo spazio per intervenire, deve decodificare i segnali non verbali per leggere il feedback implicito.

LE NORMALI RISPOSTE ALLA CRISI EMOTIVA RAPPRESENTATA DALLA DIAGNOSI.

La comunicazione della diagnosi nei confronti dei familiari e del paziente può generare:

  • RISPOSTA INIZIALE (FASE DI SHOCK): incredulità, negazione;
  • DISFORIA (FASE DI REAZIONE) intervallo 1-2 settimane: ansia, depressione, anoressia, insonnia, disturbi della concentrazione e interruzione del proprio stile di vita;
  • ADATTAMENTO: acquisizione di informazioni riguardanti la patologia, nuove motivazioni e ripresa attività.

La comunicazione della diagnosi è per lo specialista un INTERVENTO MEDICO.

La diagnosi di malattia con prognosi favorevole: è un ATTO SEMPLICE.

La diagnosi di malattia genetica o rara con prognosi sfavorevole: è un ATTO COMPLESSO.

COSA SIGNIFICA COMUNICARE LA DIAGNOSI

Nella comunicazione Medico-Paziente l’intervento medico si compone di due aspetti:

COMUNICARE L’INFORMAZIONE E STABILIRE UNA RELAZIONE EMPATICA

Per le MALATTIE RARE: la comunicazione della diagnosi di una malattia scarsamente conosciuta,

a prognosi complessa e/o infausta, è rappresentata da una serie di incontri tra medico ed il paziente, eventualmente con i suoi familiari e i genitori, se minorenne.

Dopo aver definito la diagnosi, è necessario comunicarla il più precisamente possibile, con chiarezza e senza eccedere nel tecnicismo, nella edulcorazione o nel tragicismo.

Va stabilito un legame significativo con il paziente ed i suoi familiari, per individuare le loro risorse disponibili e la loro capacità di affrontarele conseguenze della malattia e la gravità della prognosi.

Le prime informazioni devono essere chiare e autorevoli, il dolore può impedire di assimilare le informazioni.

Non sempre il primo medico che vede il paziente è in grado di diagnosticare correttamente la malattia, dovrebbe quindi comunicare questa sua incapacità e, al contempo, cercare e comunicare dove e da chi il paziente può essere assistito.

Lo/gli specialista/specialisti avranno il compito della esatta comunicazione della diagnosi e della gestione del piano assistenziale.

Il modo di comunicare la diagnosi e quindi le informazioni riguardanti la malattia, influenza il mondo delle EMOZIONI, una cattiva comunicazione genera rabbia e sfiducia e compromette l’ALLEANZA con le figure “CURANTI”.

COSA SIGNIFICA RICEVERE UNA DIAGNOSI DI DISABILITA’

Un figlio è un progetto di vita, e nella cultura della bellezza, la nascita di un figlio con disabilità destabilizza gli equilibri e sconvolge la famiglia.

Pertanto, è necessaria la comunicazione della diagnosi fatta con chiarezza, poiché ciò favorisce la FASE DI ELABORAZIONE DEL LUTTO, che deriva dalla PERDITA DEL FIGLIO IDEALE.

Ricevere una diagnosi di disabilità produce: delusione, disorientamento, aggressività e rabbia.

Le reazioni emotive che possono esprimersi nei genitori sono:

  • La Vergogna
  • Il Senso di colpa
  • L’Accanimento di un destino crudele

DOVE COMUNICARE LA DIAGNOSI:

Il Medico per comunicare la diagnosi dovrebbe scegliere un luogo protetto, dedicare alla prima

consulenza il tempo necessario e lasciare spazio alla formulazione di domande.

La COMUNICAZIONE SBAGLIATA determina la ”rottura” di alleanza con le figure di cura e può condizionare il modo di affrontare la malattia.

Nel caso in cui si presentasse una diagnosi non ancora definita, occorrerebbe decidere un piano d’assistenza, tale da programmare la RIVALUTAZIONE DIAGNOSTICA.

A CHI COMUNICARE

E’ opportuno incontrare  entrambi i genitori, qualora le condizioni della madre non lo permettono, la prima comunicazione della diagnosi va fatta al padre.

Nei colloqui successivi sarebbe opportuno coinvolgere altri specialisti per il piano assistenziale e anche quando possibile altri familiari di riferimento.

Lo specialista entra nella vita dei genitori che ricevono diagnosi di disabilità di un figlio, poiché il suo modo di comunicare la diagnosi influenza le loro emozioni e condiziona l’effetto della “NOTIZIA”.

Manca ancora la FORMAZIONE nei percorsi di studi che possano indicare le Linee Guida della

comunicazione della diagnosi poiché il medico può essere influenzato dal proprio percorso di vita e dai suoi valori.

La diagnosi di disabilità riguarda non solo la persona, ma tutta la famiglia. Il ruolo della famiglia deve essere quello di pianificare il futuro insieme agli operatori, per superarne l’incertezza, il disorientamento e soprattutto l’impotenza. Il ruolo della Rete socio-sanitaria come integrazione delle varie competenze è fondamentale affinché la famiglia possa individuare nuove risorse e possa scoprire la capacità di resilienza.

L’IMPORTANZA DEL LAVORO IN ÉQUIPE

Il ruolo di un’ÉQUIPE multidisciplinare è di fondamentale importanza nella piena consapevolezza dei ruoli: Sostegno e Integrazione. Lo psicologo nell’ÉQUIPE sostiene il medico.

La Complementarietà tra medico e psicologo interviene nella formazione alla comunicazione e nella presa in carico della famiglia.

                                                                      Dott.ssa Francesca Malatacca

                                                                         Psicologa e psicoterapeuta

Membro Comitato Scientifico Fondazione Alessandra Bisceglia ViVa Ale Onlus

“W ALE NOTIZIE” N°42, del 22 DICEMBRE 2020

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