Valentina Cataldi ottiene il contratto libero professionale. Cofinanziato dalla Fondazione W Ale insieme ad ILA presso l’A.O.U Policlinico di Modena.

(dal notiziario “W Ale Notizie” n°22, del 18 dicembre 2015)

di Marco Michelli

È Valentina Cataldi ad aver vinto il contratto libero professionale. Nel farle le congratulazioni, ci teniamo a spendere due parole su di lei. Alla domanda “parlaci di te”, risponde che è cresciuta in ospedale (i suoi genitori vi lavoravano entrambi) e diventare medico è stato un destino naturale.

Ha iniziato l’Università a Catania prima, poi, trasferita a Modena e qui si è laureata, abilitata e specializzata. “La chirurgia è stata prima un sogno, che pensavo non avrei mai potuto realizzare (in quegli anni erano pochissime le chirurghe) – racconta – grazie a una serie di circostanze ho “scoperto” la chirurgia vascolare, diventata semplicemente la mia grande passione, un’arte da coltivare, esercitare e perfezionare meticolosamente. Durante gli anni della specializzazione ho praticamente vissuto in ospedale. Dal 2010 assieme al Dr. Ragazzi mi occupo di Angiodisplasie e, più in particolare, dal 2012 quando il Prof. Coppi mi chiese di frequentare il Centro “Stefan Belov” dell’Humanitas – Mater Domini di Castellanza (VA) diretto dal Prof. Mattassi. Da allora ebbe inizio la collaborazione con l’associazione ILA per le Angiodisplasie e in seguito con la Fondazione WALE che, per due anni, hanno finanziato il mio assegno di ricerca e attualmente un contratto libero professionale annuale presso la Chirurgia I (Dir. Prof. Gerunda) del Policlinico di Modena”. Le chiediamo se si aspettava di ottenere il contratto: “Non è che mi aspettassi di vincere il concorso. Diciamo che ci speravo, per proseguire in continuità il lavoro che avevamo intrapreso e cioè la costruzione di un percorso “dedicato” per i pazienti affetti da queste malattie, sia essi adulti che pediatrici. Con questi ultimi abbiamo dovuto “reinventare” il nostro mestiere (solitamente l’età media dei pazienti “vascolari” è intorno ai 70 anni), in particolare durante la visita e l’ecocolordoppler (a seconda dell’età dei piccoli pazienti, talora proposta come un “gioco”). Inoltre, abbiamo affrontato il tema della malattia senza incutere ulteriori motivi di ansia, oltre a quella spesso proiettata dalla famiglia, improvvisamente catapultata in una dimensione dove prendono il sopravvento lo sconforto e l’incapacità di reagire, senza un adeguato sostegno”. Complimenti Dottoressa!

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