Intervista a Claudia Zanella

Claudia Zanella è nata a Milano nel 1987. E’ giornalista professionista, cronista free lance e collaboratrice de La Repubblica e di Avvenire. Ci racconta “Ho intrapreso questo cammino ispirata dalla figura di Ilaria Alpi e con il sogno di diventare una reporter nelle zone calde del mondo. Dopo la laurea in Filosofia ho collaborato con diverse testate locali, per poi iscrivermi al master di giornalismo della Cattolica. Le mie più grandi passioni sono la musica rock e il giornalismo.”

Per Claudia lo spunto a partecipare al Premio Giornalistico di un tema così specifico è partito da una storia che aveva raccontato qualche mese prima in un articolo e l’aveva colpito particolarmente e ha deciso di candidarla la premio.

Le chiediamo se la comunicazione sociale è un tema che trova spazio sulle testate. Claudia ci risponde che dal suo punto di vista molte testate italiane si distinguano per l’attenzione che danno a tematiche legate al sociale. “Nonostante questo, a mio parere, alcuni aspetti trovano meno spazio di altri”, aggiunge.

Alla domande “Le parole, in un tema come quello del PGAB, si scelgono o sono già scelte?”La giornalista risponde: “Penso che ogni giornalista possa cercare le parole più adatte, a suo parere, per raccontare qualcosa nel modo più chiaro possibile, senza dover sottostare a termini precostruiti e senza lasciarsi guidare da stereotipi. In questo contesto come in altri. Le notizie devono sempre portare in luce nuovi aspetti dei fatti. Un argomento può essere già stato trattato, ma si può trovare un nuovo taglio, nuove storie che diano un volto umano a quanto successo, vederlo da un punto di vista diverso.

Passiamo alla sua visione sulle testate giornalistiche che, secondo Claudia, sono prodotti commerciali che svolgono un servizio pubblico. Devono stare sul mercato, vendere copie, spazi pubblicitari, servizi. Ma non per questo vengono meno alla loro funzione.

Alla domanda “chi è oggi, secondo te, un buon giornalista?” Claudia ci risponde: “Il modo di fare giornalismo è cambiato. Ora un giovane giornalista deve saper fare tutto, non basta saper scrivere. Dall’utilizzo della telecamera e della macchina fotografica ai programmi di montaggio video e audio, passando per i social network. Ed è tutto più rapido, bisogna riuscire a fare sempre più cose contemporaneamente in sempre meno tempo. Ma questi sono solo gli strumenti che bisogna saper utilizzare e alcuni aspetti con cui fare i conti. Il buon giornalista oggi non è diverso da ieri. È sempre quello riesce a entrare nei fatti, capire il contesto di un avvenimento, cogliere le notizie nelle situazioni che gli si presentano. Che riesce a trovare nuovi spunti, dare voce a chi non ne ha, tirare fuori quello che è nascosto. Ma anche quello che si ricorda che lavora per il lettore (o lo spettatore) e che quindi quello che comunica deve essere fruibile.”