Intervista a Mirella Taranto

Chiediamo a Mirella Taranto, capo ufficio stampa dell’Istituto Superiore di Sanità un suo parere sul Premio Giornalistico Alessandra Bisceglia e sul panorama dell’informazione oggi, e lei ci espone il suo pensiero.

L’informazione fatta dai professionisti, per quanto partecipata è un’informazione professionale che deve garantire alcune regole e avere una sua propria collocazione. Un premio giornalistico rivolto agli allievi delle scuole e ai giovani va in questa direzione che è quella di promuovere contenuti corretti e contrastare fake news, particolarmente dannose quando si parla di salute e sanità.

L’autorevolezza delle fonti utilizzate da chi scrive per informare e la loro verifica restano la garanzia di un’informazione corretta e qualificata. Il resto, soprattutto quando l’opinione prevale sulle evidenze scientifiche o, più in generale, sulla descrizione dei fatti, è più simile a un talk show, utile per uno scambio di idee a livello di una conversazione che può svolgersi in una piazza, fisica o virtuale che sia.

Il mondo dei blog e dei social ha portato innanzitutto a una sfida: quella di dover distinguere un testo che ha come obiettivo quello di informare da un testo che vuole educare, persuadere o convincere.

La comunicazione sociale nelle testate è legata, da sempre, alla cronaca, a ciò che accade, ma questo è un problema relativo alla natura della notizia, al format dei giornali che però, direi, invece che oggi lasciano più spazio agli approfondimenti, soprattutto se si tratta di salute. Il vero tema è la qualità di quell’informazione e di come viene gestita e affrontata. Di contro, sono molte di più le pubblicazioni dedicate specificatamente a questo tema, anche online.

Le “nuove leve” del giornalismo italiano hanno a che fare con molte difficoltà. Prima fra tutte quella legata a una contrattualizzazione difficile e a un futuro della professione molto incerto che può pesare più spesso di un tempo sulla qualità della scrittura e sulla libertà della scelta dei temi da trattare. È anche vero però che questi ragazzi stanno costruendo creativamente modalità espressive nuove che hanno a che fare con la sfida dell’interattività nel bene e nel male. Nessun giornalista era stato mai abituato a ricevere commenti in maniera così diretta e senza alcuna mediazione e in questo sono costretti molto di più anche a mettere in discussione parte della loro centralità nel dibattito pubblico. La loro sfida, infatti, è quella oggi di usare le regole della professione che distinguono i professionisti dell’informazione anche nell’arena di una discussione aperta in cui ci si illude che la rappresentazione di ogni opinione equivalga a un’informazione democratica come se la capacità di orientarsi nel complesso della conoscenza fosse davvero uguale per tutti.