Intervista ad Alessandro Vinci

Alessandro Vinci studia presso il Master in Giornalismo IULM. Laureato in Comunicazione, prima di trasferirsi a Milano ha collaborato con diverse testate web e radiotelevisive padovane. Ha anche all’attivo la pubblicazione di un libro, “Amarcord Biancoscudato”, e uno stage al Tg4.

Alessandro ci racconta che partecipare al PGAB è stata sicuramente un sfida. Anche perché quella di Paul, la storia che ha presentato al Premio, non è quella di un ragazzo affetto da una malattia rara, ma rappresenta ugualmente un brillante esempio di inclusione e integrazione sociale della disabilità. Lo sport, da questo punto di vista, si conferma un canale dalle mille potenzialità sfruttate solo in parte.

Oggi la Comunicazione Sociale è un tema che trova maggiore spazio sulle testate, quanto meno rispetto a molti altri argomenti. Spesso, infatti, le vicende legate alla comunicazione sociale hanno tutte le carte in regola per costituire storie e notizie di notevole interesse pubblico. Vi è però un rischio costante: quello di riportarle facendo uso di un linguaggio eccessivamente commiserevole e pietistico. Infatti è importante scegliere accuratamente le parole in un tema come questo.  Occorre infatti rifuggire da gerghi, frasi fatte e luoghi comuni in favore di un linguaggio più piano, chiaro ed esplicativo. Un testo che tratti un tema del genere dovrà infatti risultare al contempo diffusamente comprensibile e scientificamente corretto. Per questo è fondamentale ponderare con accuratezza ogni singola parola utilizzata.

Le notizie, soprattutto in campo sociale non necessariamente devono essere sempre nuove. Perché se da un lato la novità del fatto è decisiva nel determinare la notiziabilità di un determinato evento, dall’altro è senz’altro possibile realizzare servizi di grande rilievo giornalistico anche occupandosi di accadimenti lontani nel tempo. Gli esempi, naturalmente, sono innumerevoli. Oggi, però, le testate sono prodotti commerciali che svolgono un’imprescindibile funzione pubblica. Anche per questo fare del buon giornalismo attualmente è più difficile che mai. Specie per le grandi testate, infatti, occorre soppesare la componente commerciale (le vendite, le visualizzazioni, l’engagement) con quella legata all’informazione di qualità (generalmente più di nicchia). È un equilibrio difficile ma necessario, sospeso tra il gossip acchiappaclick e l’autoreferenzialità non sostenibile.

Il buon giornalista è ancora un artigiano dell’informazione che, non accontentandosi di visioni precostituite, sappia andare realmente a fondo nelle cose, carpendone l’essenza. E abbia poi sufficiente competenza per esporle ai suoi lettori/spettatori in maniera esauriente e autorevole.