Intervista a Fabio Zavattaro

Fabio Zavattaro è uno dei giurati del Premio Giornalistico Alessandra Bisceglie. Giornalista di lungo corso è oggi direttore scientifico del Master di Giornalismo della LUMSA e per questo suo ruolo risponde alle nostre domande da un punto di vista privilegiato sul contesto che affrontano i giovani giornalisti.

Il PGAB si rivolge a giornalisti giovani legati in qualche modo all’Ordine dei Giornalisti, non è una scelta in controtendenza ai tempi dell’informazione partecipata?
R. Premiare dei giovani che si affacciano al mestiere del giornalista è cosa molto importante. A loro è affidata la capacità di offrire un’informazione quanto più corretta e vera. Sappiamo tutti che l’obiettività assoluta non esiste, ma proprio per questo è importante che i giovani sappiano capire che informare significa creare partecipazione, democrazia. E questo è tanto più importante oggi, in un tempo in cui i nuovi media offrono a tutti la possibilità di informare. Grande opportunità, ma anche grande il rischio di manipolazioni e false notizie o fake news.

Come definire il giornalismo partecipativo e come dovrebbe rapportarsi un buon giornalista a questo fenomeno?
R. Definizione semplice, in un certo senso: è il giornalismo dei cittadini, tutti sono reporter. Ma, come dicevo, il punto è proprio qui. Il giornalista ha un compito ben precido: essere a metà tra la fonte della notizia e colui che la riceve, cioè i lettori e quanti ascoltano la radio e vedono i tg. Esattamente a metà, nel senso che non si deve essere troppo vicini alla fonte, passatemi questa immagine, per non trasformarsi in megafoni del potente di turno, “velinari”; ma nemmeno troppo coinvolti con l’opinione pubblica per non essere condizionati nel trasmettere le notizie. Il giornalismo partecipativo può offrire delle opportunità, ma è sempre necessaria l’opera di un mediatore che sappia “tradurre” le notizie – e non travisarle – e verificarne la veridicità.

Il mondo dei social e dei Blog ha portato un miglioramento dell’offerta giornalistica o ne ha abbassato il livello qualitativo e la credibilità?
R. I nuovi media, i blog, sono strumenti nuovi, utili, ma sono strumenti. Il buono e il cattivo non è colpa del mezzo ma di chi lo utilizza, cioè di coloro che vestono i panni del comunicatore. C’è da dire che molte volte blog e new media hanno dato ai cronisti, impegnati nei fronti di guerra e in realtà dove la comunicazione è controllata dai regimi, informazioni difficilmente reperibili per vie ordinarie e ufficiali. Ma in questi ultimi tempi è accaduto che sempre più questi strumenti sono stati utilizzati impropriamente per screditare persone o per disinformare. Quando si arriva a questi livelli è difficile credere a tutto ciò che si trova nei new media.

Comunicazione Sociale: è un argomento “cenerentola” sulle testate italiane perché non fa notizia o perché non viene trattato in modo corretto?
R. Penso che tutto può essere o diventare notizia se si ha la capacità e gli strumenti per raccontarlo nel migliore dei modi. Anche la comunicazione sociale può trovare spazio nei giornali e nelle testate audiovisive. Ma appunto bisogna scriverla bene, trovando la notizia e mettendola in primo piano. Purtroppo, spesso si ha la sensazione che solo il fatto straordinario, magari di cronaca nera, abbia cittadinanza nelle pagine dei giornali.

Il peso e l’importanza delle parole, in un articolo di comunicazione sociale come quelli raccolti dal PGAB, si scelgono e sono già scelte dal contesto?
R. Le parole hanno un peso e una importanza che vanno ben al di là di quanto possiamo pensare. Proprio domenica 3 marzo Papa Francesco, nell’omelia alla parrocchia di Labaro a Roma, ricordava che le parole, le chiacchiere, possono essere come delle bombe atomiche e portare alla guerra. Vanno scelte bene le parole, vanno offerte in modo da informare senza offendere le persone, né aprire la porta a false pietà.

Che impressione ha raccolto in questi anni da Giurato delle nuove leve del Giornalismo italiano? È vero che è in crisi? O sta solo cambiando pelle?
R. Sicuramente è vero che il giornalismo, inteso come il mestiere di informare correttamente, è in crisi. Ma è altrettanto vero che oggi formiamo, nelle scuole di giornalismo, giovani che andranno a fare un mestiere diverso da quello vissuto fino ad oggi, i cui contorni non sono ancora del tutto noti. E non è solo una questione di cambiamenti tecnologici, che renderanno sempre più veloce il comunicare. Ecco che allora torniamo al tema centrale del mestiere del giornalista: comunicare è una questione di conoscenze, capacità di sintesi, curiosità, preparazione culturale, voglia ancora di stupirsi di fronte ad un fatto e avere la volontà di raccontare il nostro stupore.