1. Cosa ti ha spinto a partecipare a un Premio Giornalistico con un tema così specifico e qual è il significato di questa esperienza per te?
Il desiderio di condividere con un pubblico più ampio la vicenda umana di Giorgio De Marco, una storia che mi sarebbe sicuramente piaciuto raccontare anche ad Alessandra Bisceglia.
2. In che modo le storie di vita reale possono influenzare l’opinione pubblica sulle questioni sociali?
Sono essenziali per dare profondità e concretezza alle emergenze sociali facendo comprendere che dietro ad ogni problematica si cela il vissuto delle persone. Si può così evitare di cadere nella facile retorica e nell’abuso di slogan e di frase fatte.
3. Qual è la tua opinione sull’importanza di dare voce a chi non ce l’ha nel contesto della comunicazione sociale?
Un’importanza fondamentale. Da capo scout e insegnante, oltreché giornalista, sono profondamente convinto che la scrittura abbia come fine primario quello di raccontare, in tutte le sue declinazioni, la persona umana.
4. Ritieni che le testate giornalistiche abbiano la responsabilità di educare il pubblico su temi sociali? Perché?
Sì, ed è una responsabilità grande che i giornali, nonostante i cambiamenti conosciuti dall’editoria, devono continuare a sentire sulle proprie spalle, lavorando per presentarsi ogni giorno come organi d’informazione autorevoli e affidabili.
5. Come si può mantenere un equilibrio tra il sensazionalismo e l’oggettività quando si trattano argomenti delicati?
Penso che la chiave sia trovare uno stile – di impianto prettamente narrativo – che catturi e coinvolga il lettore, ma che non indulga mai in dettagli morbosi.
6. Quali sono le sfide maggiori che affronti nel raccontare storie relative a tematiche sociali?
Riuscire ad adottare e a mantenere un registro linguistico rispettoso delle persone di cui si va a raccontare il vissuto.
7. Come vedi il ruolo dei social media nel promuovere la comunicazione sociale e nell’influenzare il giornalismo tradizionale?
Centrale perché sono il mezzo di cui maggiormente si servono i più giovani per informarsi. L’utilizzo di testi concisi e ben ponderati, immagini, infografiche e la strutturazione di brevi, ma incisive interviste sono soluzioni che possono (e, forse, devono) contagiare sempre di più anche il giornalismo tradizionale, allontanandolo dalla assurda pratica del clickbait.
8. In che modo la formazione e l’aggiornamento professionale possono migliorare la qualità del giornalismo sociale?
Possono essere un’occasione feconda di incontro e confronto tra professionisti che provengono da contesti diversi.
9. Come è venuto a conoscenza del Premio giornalistico?
Tramite il sito dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti.