Intervista a Giorgia Colucci

1.È una sfida partecipare a un Premio Giornalistico di un tema così specifico?

Partecipare a un Premio Giornalistico su questo tema è una sfida, perché è sempre una sfida trovare il modo e il tono più giusto e rispettoso per raccontare la disabilità. Vale però la pena di confrontarsi con esso per crescere a livello giornalistico e di società.

 2. Qual è la storia o il caso che hai raccontato che ti ha segnato di più?

La storia dell’atleta paralimpico Giorgio Napoli mi ha colpito, per la forza del suo protagonista. Consapevole e autoironico, è riuscito a raccontare le sue debolezze e ciò di cui va fiero in maniera normale. Senza eccedere nell’autoesaltazione o nel pietismo.

3. Cosa può e/o deve essere oggetto di informazione?

Oltre alle notizie e ai fatti, anche le storie devono essere oggetto di approfondimento e di informazione. Spesso forniscono punti di vista inusuali sui temi trattati dalla stampa in maniera “fredda” o stereotipata.

4. La Comunicazione Sociale è un tema che trova spazio sulle testate? Esistono parole “giuste” per parlarne?

La Comunicazione Sociale trova spazio solo su alcune testate purtroppo. Spesso viene sommersa da altri temi urgenti. Quando ne si parla spesso si eccede nell’esaltazione o nello stereotipo. Bisogna invece cercare di capire, con le persone coinvolte, qual è il modo giusto di parlarne, gli aspetti da mettere in luce, i servizi e i disservizi che al momento siamo in grado di offrire. Solo così è possibile avvicinare il tema ai diversi lettori.

 5. Le notizie da divulgare e raccontare devono essere sempre nuove?

Le notizie possono non essere nuove, ma può essere nuovo il modo in cui se ne parla, o gli aspetti che il giornalista sceglie di raccontare.

 6. Le testate, oggi, secondo te sono prodotti commerciali o servizi pubblici?

Le testate di oggi offrono un servizio pubblico di informazione. Non si può però negare che, anche le più rinomate, siano in parte condizionate dalle logiche del mercato e dalle richieste di editori e inserzionisti.

 7. Che significa, secondo te, essere un buon giornalista?

Per me essere un buon giornalista significa avere rispetto per ciò che si racconta. Ciò si traduce nell’attenersi ai fatti, parlare con i protagonisti, cercare di capire e spiegare al meglio ciò che avviene nel mondo, rimanendo lontani dai pregiudizi. Significa anche lasciarsi stupire dalle storie e dalla realtà.

 8. Come sei venuto a conoscenza del Premio?

Sono venuta a conoscenza del premio tramite il Master in giornalismo IULM

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