Intervista ad Eleonora Panseri

  1. È una sfida partecipare a un Premio Giornalistico di un tema così specifico?

È sicuramente una sfida, nella quale, tuttavia, vale sicuramente la pena provare a imbarcarsi. Essere giornalisti significa anche mettersi alla prova ogni giorno per migliorare costantemente nella professione.

  1. Qual è la storia o il caso che hai raccontato che ti ha segnato di più?

Mi ha molto colpito la storia di Giusy Fabio, attivista per il riconoscimento della fibromialgia, patologia fortemente invalidante ma non riconosciuta in Italia. Sono rimasta impressionata dalla sua determinazione e dalla sua voglia di non arrendersi di fronte alle difficoltà.

  1. Cosa può e/o deve essere oggetto di informazione?

Credo che la vera “informazione” sia quella che, come da etimologia della parola, dà forma alle società in cui viene diffusa. Tutto può potenzialmente essere “informazione” ma credo che la buona informazione sia quella che pesa positivamente sulla vita delle persone.

  1. La Comunicazione Sociale è un tema che trova spazio sulle testate? Esistono parole “giuste” per parlarne?

Penso che alla comunicazione sociale non venga dato il giusto spazio e che il poco che riceve spesso gli venga dato in maniera strumentale. Servono sicuramente parole “giuste”, sia per la delicatezza di alcuni temi che per correttezza nei confronti dei lettori che meritano di essere “educati” a certi argomenti.

  1. Le notizie da divulgare e raccontare devono essere sempre nuove?

Non necessariamente. Alcune notizie meritano di essere riportate e ricordate a più riprese, a prescindere dalla loro “freschezza”, soprattutto se si tratta di notizie che raccontano problemi rimasti irrisolti.

  1. Le testate, oggi, secondo te sono prodotti commerciali o servizi pubblici?

Credo che oggi si pensi molto di più al guadagno piuttosto che agli interessi della comunità e al rispetto nella trattazione di alcuni argomenti.

  1. Che significa, secondo te, essere un buon giornalista?

Significa riuscire a mettersi sempre al servizio del lettore e, nel caso in cui si raccontino storie delicate, delle situazioni di cui si scrive. Bisogna essere rispettosi, accertandosi, nei limiti del possibile, della correttezza delle informazioni che si stanno riportando.

  1. Come sei venuto a conoscenza del Premio?

Il Premio è stato promosso dalla scuola di giornalismo “Walter Tobagi”. Alcuni colleghi hanno partecipato l’anno scorso e quindi per questa edizione ho deciso di presentare il lavoro che, insieme a una collega, abbiamo realizzato.

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