Intervista a Alice Martinelli

Toscana, giornalista professionista, è inviata del programma televisivo Le Iene show, dal 2017. Lavora in televisione dal 2014, grazie a Michele Santoro che ha scommesso su di lei inserendola nella squadra del suo Servizio Pubblico, (La7), ma ha cominciato nella carta stampata come cronista per Il Secolo XIX. Ha vinto i premi Lorenzo Perrone – Informare è prevenire (menzione speciale, 2012), Premio Cnog Formazione per l’informazione (2013), Premio Maurizio Rampino (2016), Premio L’Anello Debole del Capodanno Film Festival (2017), Premio Cristiana Matano (2020). Sognatrice curiosa e testarda, riassume tutti i pregi e i difetti del suo segno, il Capricorno: non fatela arrabbiare!

 

1. È una sfida partecipare a un Premio Giornalistico di un tema così specifico?
Sì, penso sia una grande sfida partecipare a un premio sul tema delle malattie rare e dell’inclusione delle persone diversamente abili. Ma la sfida più grande è quella di raccontare la storia di queste persone con l’equilibrio, la delicatezza e l’attenzione che meritano.

2. Qual è la storia o il caso che hai raccontato che ti ha segnato di più?
La storia di Federico, il ragazzo che ci ha accompagnato nel servizio candidato per questo Premio è sicuramente una di quelle che mi ha, non tanto segnato quanto forse proprio arricchito di più. Federico è un toscanaccio con sindrome di down davvero speciale, non per il suo cromosoma in più ma perché vive la sua vita con un entusiasmo travolgente e si divide tra il teatro e il lavoro da cameriere in un ottimo ristorante di Livorno. Con lui abbiamo cercato di fare un piccolo gioco, per esorcizzare la tristezza dovuta a un tweet di cattivo gusto con cui un suo coetaneo aveva paragonato i bambini down ai social che, in quel momento, non funzionavano. Un po’ come dire che i ragazzi down non funzionano! Eppure Federico funziona eccome e nella nostra “caccia al cattivo” in giro per Lucca ci ha letteralmente conquistato.

3. Cosa può e/o deve essere oggetto di informazione?
Tutto ciò che è notizia!

4. La Comunicazione Sociale è un tema che trova spazio sulle testate?
Penso che abbiamo sviluppato molta più sensibilità rispetto al passato nei confronti della Comunicazione Sociale. Basti pensare al filone delle Buone Notizie o a vere e proprie testate con un certo seguito (penso ad esempio a Redattore Sociale), interamente concentrato sulle buone pratiche ma anche sulle “cattive” notizie in ambito sociale.

5. Quali gli effetti dei Mass Media e New Media sulla comunicazione sociale?
Penso che i nuovi media abbiano permesso alla Comunicazione sociale di trovare più spazio. Anche i social hanno aperto una finestra importante su tematiche un tempo più di nicchia, penso per esempio proprio al racconto dell’universo delle malattie rare che, grazie ai social, alle raccolte fondi, alle pagine di chi combatte per sé stesso o per un suo caro, sono diventate più conosciute anche a livello di grande pubblico. E di conseguenza i media tradizionali si sono allineati.

6. Esistono parole “giuste” per trattare la Comunicazione?
Io penso che le parole “giuste” esistano, ed esistano a prescindere da cosa si comunica. Le parole giuste sono quelle specifiche ma equilibrate, non offensive, non allusive. E questo riguarda non solo la Comunicazione Sociale o la comunicazione intesa in senso generale come parte del “lavoro giornalistico” ma la nostra vita di tutti i giorni.

7. Le notizie da divulgare e raccontare devono essere sempre nuove?
In teoria, la notizia dovrebbe essere “nuova” di per sè ma in realtà, ci sono molte “sfumature” di questa “novità”. A volte la notizia è proprio nel fatto che una cosa risaputa da tempo non è mai cambiata, oppure può essere un fatto vecchio che torna attuale per un qualche motivo. Più che considerare solo la “novità” in senso assoluto, direi che un fatto/accadimento diventa notizia quando e se ha una serie di caratteristiche (tra cui anche la novità) che lo rendono “notiziabile”.

8. Le testate, oggi, secondo te sono prodotti commerciali o servizi pubblici?
Credo che le testate abbiano assolutamente una funzione di servizio pubblico.

9. Che significa essere un buon giornalista?
Un buon giornalista è intellettualmente onesto se con il suo racconto può cambiare in meglio le cose si può dire che abbia fatto anche un buon lavoro.

10. Come sei venuto a conoscenza del Premio?
Sul sito dell’Ordine dei Giornalisti approfondendo sul sito della fondazione Viva Ale.

 

 

 

 

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