Intervista a Giacomo Puletti

1. Un Premio Giornalistico può realmente sensibilizzare l’opinione pubblica su un tema così specifico?

Credo di sì. Certo ci sono tanti altri modi per sensibilizzare le persone, in primis i principali mezzi d’informazione, ma anche un Premio giornalistico, per di più con un seguito piuttosto importante, può contribuire a tale risultato. 

2. Qual è la storia o il caso che hai raccontato che ti ha segnato di più?

Tra i più recenti, mi ha colpito il racconto dell’alluvione in Romagna. Sono partito volontario pochi giorni dopo i fatti e trovandomi lì non ho potuto fare a meno di raccontare lo scenario di smarrimento, desolazione e in certi casi vera e propria distruzione di quanto costruito in una vita intera. Ma al tempo stesso anche la grande forza d’animo della gente e la solidarietà delle centinaia di ragazzi e ragazze impegnati nel sostegno alle popolazioni colpite. 

3. È possibile raccontare la sofferenza senza rinunciare all’oggettività?

Penso proprio di sì. È chiaro che quando si raccontano episodi, scene o storie di sofferenza entra in gioco anche una certa dose di emotività e di empatia, ma l’oggettività è parte integrante ed essenziale del racconto giornalistico, e di questo va tenuto conto anche nelle situazioni appena citate. 

4. La Comunicazione Sociale è un tema che trova spazio sulle

testate?

Purtroppo non come dovrebbe ma in alcuni casi sì, specialmente durante eventi che catalizzano l’attenzione del pubblico e sono affini a certi temi, penso al Meeting di Rimini o alle iniziative della Comunità di Sant’Egidio.

5. Secondo te bisogna raccontare notizie sempre nuove?

Una notizia è di per sé un fatto nuovo, quindi sì. 

6. Le testate, oggi, secondo te sono prodotti commerciali o servizi

pubblici?

Mi sforzo di credere che siano ancora servizi pubblici. Per forza di cose sono anche prodotti commerciali, penso ai ricavi pubblicitari con cui vivono i giornali o al marketing che ruota attorno a prodotti moderni come podcast o eventi live, ma penso che ognuna di queste tipologie di fare informazione debba essere comunque spinta dalla necessità di fare servizio pubblico.  

7. È possibile fare informazione su tematiche sensibili senza creare allarmismi?

Non solo è possibile, è necessario. Purtroppo in Italia, penso per una questione di indole e culture latine, e quindi “calde”, tendiamo a vivere tutto, comprese le notizie, in maniera totalizzante, sia in positivo che in negativo. Ma l’allarmismo non porta da nessuna parte, e di conseguenza soprattutto trattando tematiche sensibili occorre equilibrio, rigore e attinenza ai fatti. 

8. Come sei venuto a conoscenza del Premio?

Attraverso la scuola di giornalismo di Urbino, che ho frequentato, e che ogni anno invia agli ex allievi il bando di concorso.