Intervista a Giacomo Puletti

Giacomo Puletti, ha 23 anni ed è di Città di Castello (PG). Ha un blog personale, fattichiari.wordpress.com, dove scrive soprattutto di politica interna ed estera. È giornalista praticante all’Istituto per la formazione al giornalismo di Urbino, dove è entrato dopo essersi laureato in Scienze Politiche, Sociali e Internazionali all’Alma Mater di Bologna ed essermi diplomato al Liceo Classico di Città di Castello. Già stagista al Giorno a Milano, ha collaborato con il Festival del giornalismo culturale e ha scritto per il Corriere dello Sport negli anni dell’università; da aprile a giugno 2020 sarà in stage a Rainews24 a Roma.

 

Partecipare a un Premio Giornalistico di un tema così specifico è stata una sfida?

Le tematiche sociali, soprattutto quelle legate alle malattie rare, rappresentano per i giornalisti una sfida da cogliere in tutte le sue sfaccettature. A me è venuto spontaneo affrontare questo tema per partecipare alla quarta edizione del premio “Alessandra Bisceglia”, perché ritengo fondamentale che l’opinione pubblica sia informata sulle storie di chi affronta ogni giorno la malattia con coraggio e forza di volontà e sulle cure messe in campo per sconfiggere il dolore.

La Comunicazione Sociale: è un tema che trova spazio sulle testate?

Credo che la comunicazione sociale trovi spazio nelle testate ma troppo spesso nelle pagine “periferiche” dei giornali o senza la necessaria evidenza nelle testate online. Credo che raccontare storie di “vita vera” legate alle tematiche sociali debba essere orgoglio di vanto per un media, e di conseguenza dovrebbero avere maggiore visibilità.

Le parole, in un tema come quello del PGAB, si scelgono o sono già scelte?

Le parole sono uno strumento molto importante nella vita di tutti i giorni, sia in quanto cittadini sia, ancora di più, come giornalisti delegati alla corretta informazione dell’opinione pubblica. Per questo ritengo che le parole, in un tema come quello del premio giornalistico Alessandra Bisceglia, debbano essere scelte con cura per evitare di cadere nella retorica e in luoghi comuni che non saprebbero rendere appieno la sensibilità umana che spesso si nasconde dietro storie di profonda rilevanza sociale.

Le notizie devono essere sempre nuove?

Ritengo che le notizie, in quanto tali, debbano essere sempre nuove. Tuttavia, occorre distinguere tra notizie e storie, in quanto quest’ultime possono essere raccontate anche se “vecchie” o “fredde” nel caso in cui si voglia far emergere una tematica degna di essere raccontata. È questo il caso di molte storie che riguardano il sociale, le quali spesso restano nascoste sotto la polvere finché qualcuno non si prende il merito e la profonda responsabilità di farle emergere portando in superficie il dolore e la speranza.

Le testate, oggi, secondo te sono prodotti commerciali o servizi pubblici?

Le testate, per definizione ontologica di giornalismo, dovrebbero essere sempre un servizio pubblico, ma purtroppo si avvicinano ogni giorno di più ad essere servizi commerciali. Tuttavia, credo che occorra prestare attenzione a evitare le generalizzazioni, perché esistono ancora testate che si prodigano per fornire un servizio utile ai cittadini e che in quanto tali meritano stima e riconoscenza da parte dei colleghi.

Chi è oggi, secondo te, un buon giornalista?

Penso che la competenza e la professionalità che Lucia Goracci dimostra nei suoi servizi televisivi o radiofonici dalle zone di guerra non abbiano eguali nel panorama giornalistico italiano.

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