Intervista a Giorgio Saracino

Giorgio Saracino, 25 anni, giornalista praticante e pubblicista. Laureato in Lettere all’Università La Sapienza di Roma, ho frequentato la scuola di Giornalismo della Fondazione Basso. Quindi una prima collaborazione con il Nuovo Corriere Laziale, poi gli stage nelle grandi redazioni nazionali: prima tre mesi a SkySport24, poi Radio Vaticana, Left, Report (Rai Tre). Quindi l’iscrizione al Master in Giornalismo della Lumsa, e un altro stage a NewsMediaset. Qualche collaborazione, una un po’ più lunga a Il Tempo, dove ho scritto di cronaca. Amo la videocamera, girare e montare.

 

Partecipare a un Premio Giornalistico di un tema così specifico è stata una sfida?

Partecipare a un Premio Giornalistico che ha come obiettivo la promozione dell’integrazione e dell’inclusione sociale è senz’altro una sfida. E oltre a essere una sfida, credo che sia un impegno che in molti si dovrebbero assumere. Perché dare voce a chi ne ha bisogna, oltre a essere un gesto nobile, è necessario per un giornalista.

 La Comunicazione Sociale: è un tema che trova spazio sulle testate?

Credo che la Comunicazione Sociale non trovi lo spazio che meriterebbe sulle testate giornalistiche italiane. Molto spesso si è troppo impegnati nella ricerca del retroscena, del gossip, della nera o di altri argomenti ancor meno interessanti. Quando invece esistono realtà sociali che meritano di essere raccontate, affinché diventino anche modelli di ispirazione per quanti vivono nella stessa situazione. Racconti che possono anche diventare denunce che puntino poi a far adoperare – da chi competente in materia – misure di sostegno e salvaguardia maggiori. Sensibilizzare per migliorare.

 Le parole, in un tema come quello del PGAB, si scelgono o sono già scelte?

Penso che le parole si scelgano sempre. È importante trattare di determinati argomenti, ma è altrettanto importante – se non di più – farlo con i termini e le espressioni adatte. Mai offensivi, mai pietistici o sensazionalistici. Credo che sia fondamentale trattare di questi temi – ma come anche di altri – con la naturalezza e la spontaneità che meritano.

 Le notizie devono essere sempre nuove?

Le notizie non devono essere sempre nuove, anche se sembra una contraddizione, vista anche l’etimologia del termine stesso, “nuovo”. Le notizie, i servizi, gli articoli, gli approfondimenti, devono essere sempre tanti: se un tema merita di essere approfondito più volte, magari su piattaforme diverse, per far sì che arrivi al maggior numero di persone di età, fasce e target diversi, ben venga. Temi come quelli sociali meritano di essere ripetuti e declinati nel maggior numero di modi.

 Le testate, oggi, secondo te sono prodotti commerciali o servizi pubblici?

Le testate sono prodotti commerciali, da sempre. Anche quelle del servizio pubblico devono avere a che fare con un bilancio. Certo è che questo non toglie che argomenti che si considera possano monetizzare di meno, lo facciano veramente. Mi spiego: chi dice che l’approfondimento su temi sociali non attiri il lettore o lo spettatore medio e che quindi non possa far produrre all’azienda denaro e profitti? Io penso che invece questo tipo di informazione piaccia alla gente, che sarebbe ben felice di dedicare qualche minuto ai temi di rilevanza sociale. Quindi, anche chi mira esclusivamente ai guadagni, potrebbe puntare sulla comunicazione e l’informazione sociale.

 Chi è oggi, secondo te, un buon giornalista?

Io ho già partecipato al premo lo scorso anno, classificandomi al secondo posto nella sezione Radio-Tv. Son rimasto colpito dalla storia di Alessandra Bisceglia e dalla mission del Premio. Motivo per cui ho deciso di parteciparvi nuovamente. E non nascondo che credo che continuerò a farlo anche in futuro.

 

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