Intervista a Marco Maria Capponi

 

Marco Maria Capponi , nato nel 1994, fino a 19 anni ha vissuto a Macerata, prima di iniziare a viaggiare per il mondo. Quattro anni a Forlì per studiare Relazioni internazionali, poi una parentesi di cinque mesi a Santiago del Cile. A 24 anni l’approdo a Milano per inseguire la strada del giornalismo alla scuola Walter Tobagi. Ha collaborato con il Corriere della sera con un’inchiesta sul costo della vita per gli studenti fuorisede a Milano, ha vinto il premio Meszely sullo storytelling sportivo raccontando la storia di un portiere di calcio dal titolo “La solitudine di un numero uno” e il premio Cigierre sul giornalismo alimentare con un’analisi delle proteine del futuro. Dal 2019 collabora con MF-Milano Finanza. Autore del romanzo Il volo del nibbio (semifinalista Marche al premio letterario Rai La giara 2015; 0111 Edizioni, 2018). Fotografo e videoreporter per passione, con il sogno di trasformarla in un lavoro.

 

Partecipare a un Premio Giornalistico di un tema così specifico è stata una sfida?

Si è rivelato sicuramente complesso, perché ha unito alle classiche difficoltà del giornalismo (reperimento delle fonti, interviste, ecc…) quella di trattare i temi con la precisione e il rigore dell’elemento scientifico e di quello normativo.

La Comunicazione Sociale: è un tema che trova spazio sulle testate?

Negli ultimi anni sta prendendo piede, ma ancora non è abbastanza. Visto l’interesse pubblico, dovrebbe avere più spazio e in posizioni di maggiori dignità (home page dei siti, primo piano dei quotidiani).

Le parole, in un tema come quello del PGAB, si scelgono o sono già scelte?

Credo che l’elemento della scelta da parte del giornalista resti sempre prioritario.

Le notizie devono essere sempre nuove?

Non necessariamente. La comunicazione sociale e scientifica sulle malattie si aggiorna con nuove scoperte e nuove necessità. Il giornalismo deve stare al passo.

Le testate, oggi, secondo te sono prodotti commerciali o servizi pubblici?

Prodotti commerciali che svolgono un servizio pubblico. Molto spesso, purtroppo, la situazione si sbilancia in favore della prima voce.

Chi è oggi, secondo te, un buon giornalista?

Senza fare nomi specifici, buon giornalista è chi guarda a ciò che ha davanti senza pregiudizi. Purtroppo, pregiudizio non significa solo razzismo o misoginia (per fare due esempi), ma anche considerare con arroganza che alcuni metodi e modi di fare giornalismo siamo superiori rispetto ad altri. La politica non ha dignità maggiore della scienza, così come una fotografia o un’infografica non hanno minor peso giornalistico di una cartella di testo.

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