Intervista ad Andrea Caruso

  1. Un Premio Giornalistico può realmente sensibilizzare l’opinione pubblica su un tema così specifico?

Certamente. Può dare nuova o ulteriore visibilità a storie e problemi, può stimolare il confronto tra colleghi giornalisti per produrre altri approfondimenti o andare alla ricerca di altre storie. La storia di Alessandra Bisceglia e la tradizione del premio a lei dedicato possono fare da cassa di risonanza per il giornalismo e la comunicazione sociale

2. Qual è la storia o il caso che hai raccontato che ti ha segnato di più?

Todi. Avevo iniziato da poco la Scuola di Giornalismo a Perugia e andai con una collega al centro dove vengono accolte e curate persone con disturbi del comportamento alimentare. Fu un’esperienza emotivamente molto forte.

3. È possibile raccontare la sofferenza senza rinunciare all’oggettività?

Non c’è oggettività, laddove c’è sofferenza. Se invece per ‘oggettività’ intendiamo un certo distacco del giornalista, allora non solo si può, ma si deve, se intendiamo svolgere al meglio e con professionalità il nostro mestiere. Ma anche in questo caso, secondo me serve sempre equilibrio: non bisogna lasciarsi trascinare e coinvolgere troppo emotivamente dalle storie, né eccedere in freddezza. Empatia, tatto e sensibilità sono utili per rendere il racconto più efficace.

4. La Comunicazione Sociale è un tema che trova spazio sulle testate?

Potrebbe averne di più.

5. Secondo te bisogna raccontare notizie sempre nuove?

No, anzi. Tornare su storie vecchie, seguirne gli sviluppi e aggiornarle è altrettanto utile.

6. Le testate, oggi, secondo te sono prodotti commerciali o servizi pubblici?

Dipende dalle testate. In generale, trovo che fatica a passare il messaggio che l’informazione, dal lato di chi la fa è sempre un po’ un servizio pubblico, mentre dal lato dei cittadini è un diritto/dovere. La conseguenza è che il valore percepito del lavoro giornalistico è bassissimo, dunque la remunerazione economica è spesso indegna; ciò mette a repentaglio l’indipendenza e l’autonomia del giornalista e a un livello più alto della testata, obbligata magari a perseguire logiche e strategie più puramente commerciali.

7. È possibile fare informazione su tematiche sensibili senza creare allarmismi?

Anche qui, non solo si può, ma si deve, se si persegue l’ideale di fare corretta informazione.

8. Come sei venuto a conoscenza del Premio?

L’ho conosciuto tanti anni fa, credo attraverso segnalazioni sul sito dell’Ordine dei Giornalisti o della Federazione Nazionale della Stampa ma fino allo scorso anno, non ritenevo di avere mai avuto dei servizi ‘spendibili’ da candidare. Sono contento di parteciparvi per la seconda volta.