Intervista a Giovanni Landi

Giovanni Landi è nato ad Agropoli (SA) il 31 luglio 1990. Da luglio 2018 è giornalista praticante presso la Scuola di Giornalismo Radiotelevisivo di Perugia, che ha durata biennale. Si è classificato primo al concorso nazionale di acceso alla Scuola. Ha conseguito la laurea magistrale in Giurisprudenza presso l’Università di Perugia in data 14 ottobre 2014 con votazione 110 e lode. Nello stesso mese ha ottenuto una borsa di studio per un dottorato di ricerca, conseguendo il titolo di Dottore di ricerca in Scienze Giuridiche presso l’Università di Perugia in data 18 aprile 2018, con menzione di eccellenza. È iscritto all’albo dei praticante dell’Ordine dei Giornalisti dell’Umbria dal 16 gennaio 2019. Ha svolto un tirocinio giornalistico di due mesi presso il quotidiano La Nazione – Umbria (maggio-giugno 2019) e uno di un mese presso la sede Rai dell’Umbria (settembre 2019). Ha svolto esperienze Erasmus a Southampton, Parigi e Londra. Parla fluentemente inglese e francese.

 

 Partecipare a un Premio Giornalistico di un tema così specifico è stata una sfida?

Più che una sfida, lo considero un momento di soddisfazione personale. Nella mia breve carriera giornalistica ho sempre guardato con grande attenzione al tema della disabilità, e in particolare a quello della malattia mentale. Al di là dell’esito della selezione, avere un mio lavoro nella lista dei partecipanti è già un modo per approfondire quell’interesse e quell’impegno.

 La Comunicazione Sociale: è un tema che trova spazio sulle testate?

Non si può dire che il mondo dei media ignori o trascuri questo tema. Tuttavia è un argomento che meriterebbe più spazio: anche se si tratta di un insieme di minoranze, il giornalismo può avere un ruolo determinante nello spingere le istituzioni, la sanità e l’opinione pubblica a mostrare più attenzione verso di esse.

 Le parole, in un tema come quello del PGAB, si scelgono o sono già scelte?

Le parole si scelgono. Ogni volta. Volta per volta. Soprattutto per tematiche considerate “delicate” e “sensibili”, è fondamentale valutare ogni situazione al fine di utilizzare il linguaggio più idoneo. L’obiettivo è non essere né superficiali né paternalisti o stucchevoli, ma giusti.

 Le notizie devono essere sempre nuove?

Non necessariamente. Anche trattare un argomento già ampiamente battuto può essere utile. Per esempio se lo si tratta con – appunto –  un linguaggio diverso o attraverso un differente punto di vista.

 Le testate, oggi, secondo te sono prodotti commerciali o servizi pubblici?

Sono entrambe. Ma il lato commerciale non dovrebbe mai prevalere su quello di “servizio”. Perché la stampa non è un’impresa come le altre: ha il compito e la missione di informare e tenere vivo e aperto il dibattito pubblico sull’attualità. Se fosse dominata solamente dal profitto, inevitabilmente disattenderebbe questi obiettivi.

Chi è oggi, secondo te, un buon giornalista?

Un buon giornalista è chi riesce a sorprendere, a incuriosire, a rintracciare storie interessanti ma poco conosciute. È chi riesce a trattare argomenti complessi in maniera sempre comprensibile e allo stesso tempo originale, non scontata. È chi  in ogni lavoro, insieme alla firma, mette la sua cifra. Soprattutto, è chi si pone sempre dalla parte della verità – anche quando è relativa – e del potenziale lettore.