Intervista a Chiara Esposito

  1. Un Premio Giornalistico può realmente sensibilizzare l’opinione pubblica su un tema così specifico?

Certamente. Nel flusso continuo di notizie in cui ci imbattiamo ogni giorno spesso un tema, anche se valido e meritevole di attenzione, può finire col confondersi nel turbine mediatico. Attraverso un Premio – e la sua promozione -, invece, si può dare risalto a quei prodotti editoriali che mirano a sensibilizzare su argomenti così specifici.

2. Qual è la storia o il caso che hai raccontato che ti ha segnato di più?

Potrà sembrare banale, o scontato, ma la storia che più mi ha segnato è proprio quella di Simone, il bambino protagonista dell’inchiesta che ho presentato per il premio Bisceglia. Ciò che più mi ha colpito è la straordinaria forza di sua madre, Manuela, e la capacità di tutta la sua famiglia di trovare la bellezza anche nelle difficoltà. La capacità, anche, di superare lo sconforto per la malattia di Simone,riuscendo ad apprezzare con purezza la felicità per il solo dono della vita ricevuta.

3. È possibile raccontare la sofferenza senza rinunciare all’oggettività?

La sofferenza fa parte della vasta e profonda gamma di emozioni della vita umana. Come tale,essa ha un valore in sé che non va esasperato nell’essere raccontato. L’oggettività, anzi, è il presupposto imprescindibile per restituire la verità di ciò che si vuole trasmettere. Ciò non significa dover adottare uno stile asettico o freddo, ma nemmeno scadere nel sensazionalismo del dolore.

4. La Comunicazione Sociale è un tema che trova spazio sulle testate?

Sì, ma in maniera ridotta e rilegata solo in alcune sezioni specifiche, magari alla fine dello sfoglio. Difficilmente in prima pagina troveremo una storia incentrata su temi sociali, a meno che questi non riguardino personaggi noti.

5. Secondo te bisogna raccontare notizie sempre nuove?

Teoricamente il principio del giornalismo è questo. Aggiornare, dare contezza di ciò che di nuovo accade nel mondo. Ciò non esclude, però,che possa esserci spazio anche per una storia già passata ma non conosciuta. Talvolta non c’è niente di più nuovo che riscoprire una vecchia notizia.

6. Le testate, oggi, secondo te sono prodotti commerciali o servizi pubblici?

Prodotti commerciali. Ogni testata risponde a criteri di marketing, ha target specifici a cui si rivolge, vive in ragione di meccanismi economici che spesso influenzano anche la scelta delle notizie a cui si dà rilievo. Una testata seria, però, non dimentica qual è la sua missione, al di là dei fini commerciali: fare informazione.

7. È possibile fare informazione su tematiche sensibili senza creare allarmismi?

Assolutamente sì, basta appunto non scadere in titoli sensazionalisti fatti apposta per girare sui social generando interazioni. Un giornalismo serio può fare informazione su tutto senza allarmismi.

8. Come sei venuto a conoscenza del Premio?

Tramite la scuola di giornalismo della Lumsa.