Intervista a Giuseppe Nuzzi

  1. Un Premio Giornalistico può realmente sensibilizzare l’opinione pubblica su un tema così specifico?

Certamente: spesso si ha la convinzione che argomenti troppo specifici non possano trovare spazio all’interno di un pubblico vasto e generalista, ma credo sia una concezione sbagliata. Con un giusto tipo di narrazione (che sia appunto un racconto e non una fredda esposizione dei fatti) anche temi di questo tipo possono diventare più facilmente comunicabili e, quindi, sensibilizzare l’opinione pubblica.

2. Qual è la storia o il caso che hai raccontato che ti ha segnato di più?

Ammetto di avere un’esperienza limitata nel campo, ma la storia che ho raccontato nell’articolo presentato per questo Premio mi ha colpito: basta davvero poco per creare un ambiente sicuro per tutte e tutti e, soprattutto, per dare vita a un progetto che coinvolga anche realtà difficili. Performattivə – il nome del gruppo di ricerca teatrale di cui parlo – è formato da diversi membri della comunità queer di Bologna ed è ora ospitato nei locali del condominio sociale di Piazza Grande, uno spazio che punta a reinserire nella società persone dal passato complesso.

3. È possibile raccontare la sofferenza senza rinunciare all’oggettività?

Parto dal presupposto che, per mia convinzione personale, l’oggettività nel giornalismo è un mito che andrebbe sfatato. Il che, ovviamente, non vuol dire prendersi la facoltà di scostarsi dalla verità dei fatti. La sofferenza è un tema particolarmente delicato, che spesso viene anche spettacolarizzato dalle testate proprio perché è un argomento che può fare leva sull’interesse del pubblico. Occorrerebbe invece avere uno sguardo che sappia abbracciare la sofferenza, per raccontare ciò che può e deve essere raccontato e tralasciare il superfluo. Anche a costo di rimanere in silenzio.

4. La Comunicazione Sociale è un tema che trova spazio sulle testate?

L’impressione è che, soprattutto negli ultimi tempi, le testate generaliste preferiscano altri temi (la politica, per esempio): argomenti di nicchia hanno spazi più limitati. Il discorso varia se si sfogliano giornali o riviste del settore, dove ovviamente anche la comunicazione sociale può avere lo spazio che merita.

5. Secondo te bisogna raccontare notizie sempre nuove?

Anche questo è un mito che andrebbe sfatato: siamo costantemente bombardati di notizie e oggi il concetto di “nuovo” è decisamente da circoscrivere – o perlomeno da ridefinire. Sono quindi convinto che sia possibile fare giornalismo anche con notizie già date, che vengano però approfondite a dovere: il giornale deve saper dare un “di più” al suo lettore rispetto alla notizia nuda e cruda. E allora sì al fact-checking, all’approfondimento, al data journalism.

6. Le testate, oggi, secondo te sono prodotti commerciali o servizi pubblici?

Anche qui dipende dalle testate. Molte sono ancora servizi pubblici – anche se, alle volte, è comunque percepibile una certa “essenza commerciale”, perlomeno in alcune pagine. Altre, invece, sono decisamente più capziose e tendenziose e faticherei a definirle “servizio pubblico” – a meno che, ovviamente, non si parli di un pubblico ben specifico, anche a livello politico.

7. È possibile fare informazione su tematiche sensibili senza creare allarmismi?

Non solo è possibile ma è anzi doveroso: l’allarmismo va a braccetto con il clickbait. Ciò che crea allarme o scalpore vende, anche a costo della qualità e della correttezza dell’informazione. Soprattutto durante la prima fase della pandemia c’è stato un certo allarmismo anche da parte dei giornalisti (non tanto nei contenuti in sé, quanto nel modo di raccontare i fatti). Questo può contribuire ad allontanare numerosi lettori e lettrici, che sentono per l’ennesima volta i giornali gridare “al lupo”. Una cattiva comunicazione può avere l’effetto contrario a quello voluto, creando disinteresse o paura anziché consapevolezza sul tema.

8. Come sei venuto a conoscenza del Premio?

Grazie a una duplice occasione: una email inviata alla segreteria del Master di Giornalismo di Bologna e il suggerimento di una dei nostri tutor giornalisti.